Il 19 dicembre verrà diffuso il rapporto Istat sui prezzi delle abitazioni per il III trimestre 2019. In questo intervento vogliamo anticipare la nuova pubblicazione con una nostra valutazione di natura finanziaria sull’effettiva convenienza del cosiddetto “investire nel mattone”. Restando all’interno dei confini nazionali – generalmente – all’andamento del mercato immobiliare viene accostato quanto si registra sul fronte dei titoli di Stato. Molti sono i paragoni tra queste due diversissime “asset class”, ma – talvolta – non viene preso in considerazione il parallelismo con la componente equity potenzialmente rappresentativa dello stesso bene immobile.



Prendendo come punto di riferimento l’ultimo documento Istat dello scorso 26 settembre, sempre focalizzato sui “prezzi delle abitazioni”, leggiamo nel commento come «nel secondo trimestre del 2019, secondo le stime preliminari, i prezzi delle abitazioni mostrano una dinamica congiunturale vivace, trainata dalle abitazioni esistenti; ciononostante in termini tendenziali continuano a scendere, seppure meno del primo trimestre». Alla successiva pagina, viene riportato il grafico – molto interessante – con l’intera dinamica dell’andamento dell’indice dei prezzi delle abitazioni nuove ed esistenti (Ipab) a partire dal I trimestre 2010 (primo anno con base 100).



La conclusione appare evidente: l’attuale area è circoscrivibile attorno a quota 84 facendo registrare una flessione complessiva di circa 16 punti percentuali. Si tratta di una flessione caratterizzata da un trend ribassista ben definito fino all’inizio 2015 per successivamente gravitare – mediante lievi fluttuazioni – in una pressoché stabile lateralità leggermente negativa dei giorni nostri. Ovviamente si tratta di medie nazionali e come tali ci saranno sicuramente casistiche che non rispecchiano tale scenario. È importante sottolineare l’andamento invariato dei prezzi delle “abitazioni nuove” (prossimo alla parità) rispetto a quello decisamente pesante delle cosiddette “abitazioni esistenti” (poco superiore a soglia 76).



Dalla comparazione di questi sintetici dati emerge pertanto la conclusione per la quale è bene investire in immobili (ma solo di nuova costruzione), anche se non del tutto redditizio come storicamente argomentato. È pur vero che a tale “prezzo” bisogna aggiungere la rendita derivante dall’incasso della locazione, ma – parallelamente – è anche opportuno sottrarre la tassazione diretta al pari dell’eventuale mancato incasso per morosità. Per quest’ultimo aspetto rimandiamo il lettore alla consultazione del periodico “Annuario delle statistiche ufficiali del Ministero dell’Interno/Sezione Procedure di rilascio di immobili ad uso abitativo” dove emergono le cifre concernenti i casi di sfratto. Riportiamo volutamente un solo dato: al 2017 l’incidenza percentuale per «morosità e altra causa» era pari all’88,23%.

Non è nostra intenzione “derubricare” la rilevanza del bene immobile come forma di investimento alternativa alle più tradizionali asset class, ma – dati alla mano – l’efficienza di tale veicolo è oggetto sicuramente di obiezioni. Volgendo lo sguardo al mondo finanziario, e restando in ambito immobiliare, abbiamo cercato di ricostruire un (forzato) parallelismo di quanto accaduto sulla Borsa italiana nel medesimo periodo di osservazione adottato da Istat.

Dal 2010 al II trimestre 2019 – l’indice Ftse Italia Beni Immobili – evidenzia un suo quasi dimezzamento: da 21.723,16 punti del dicembre 2009 è arrivato a quota 11.857,41 del giugno scorso. Con tali risultati appare conveniente (nella perdita) l’investimento “nel mattone”.

Estendendo invece l’analisi ad altri indici settoriali, è molto interessante quanto fatto registrare dal Ftse Italia Edilizia e Materiali: dai 23.596,81 punti del 2009 (rif. dicembre) siamo arrivati a 29.284,99 di giugno e successivamente possiamo vedere un’ulteriore crescita a quota 33.921,94 punti del settembre di quest’anno. Osservando la dinamica dell’indice, si può constatare come si palesi un’accentuata decorrelazione con l’indice dei prezzi delle abitazioni nuove ed esistente (Ipab) calcolato da Istat. Mediante questa comparazione – è evidente – come sia molto più efficiente l’investimento mobiliare nel settore immobiliare accantonando l’idea l’acquisto materiale del vero e proprio mattone. Inoltre, risulta esser più profittevole impiegare il proprio capitale nel settore specifico dell’edilizia poiché direttamente interessato alla realizzazione dello stesso immobile.

Quanto da noi presentato – nei suoi voluti limiti di argomentazione – deve far riflettere tutti coloro che sono intenzionati a impiegare la cosiddetta “liquidità ferma sui conti correnti” attraverso la storica forma di investimento adottata dalle precedenti generazioni. Anche il mattone, come l’oro, non può essere considerato una delle “componenti free risk (o fonti di rendite)” nel nostro portafoglio.