Ursula von der Leyen si prepara a presentare oggi a Bruxelles la prima legge europa sul clima, con l’obiettivo di azzerare le emissioni inquinanti entro il 2050. La Presidente della Commissione, nel giorno in cui aveva ricevuto la fiducia del Parlamento europeo, aveva ribadito che l’ambiente sarebbe stato al centro del suo mandato e così promette, con il suo primo atto, di creare un fondo per la transizione che potrebbe arrivare a 100 miliardi di euro. Secondo Repubblica, la Commissione potrebbe spingersi anche a riversare almeno il 30% del prossimo bilancio Ue, circa 300 miliardi di euro, per investimenti per la transizione industriale nel periodo tra il 2021 e il 2027. «Teniamo conto che anche se si arrivasse ai 300 miliardi tra il 2021 e il 2017 si tratterebbe di poco più di 40 miliardi l’anno, che, rispetto al Pil dell’Ue, superiore ai 15.000 miliardi, sono meno dello 0,3%», ci fa notare Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma.
L’ambiente è in ogni caso l’urgenza per l’Europa o piuttosto il problema è quello della crescita e della condizione economica di alcuni suoi Paesi membri?
Certamente l’ambiente è un’urgenza, soprattutto pensando ai giovani, al futuro dell’Europa. Nulla vieta però che si possa agire anche su altre urgenze per ottenere risultati ancora più importanti. In questo senso è possibile far percepire l’assenza di un trade-off tra ambiente e occupazione. Un tema che abbiamo presente per via della questione Ilva, per la quale c’è chi pensa che si tutela l’ambiente o l’occupazione. Si può benissimo dimostrare, come fece già Obama, che tramite appalti verdi si può generare occupazione, salvaguardando anche l’ambiente. Questo vale anche per settori più insospettabili di essere amici dell’ambiente, come l’edilizia. Penso, per esempio, agli avanzamenti importanti della tecnologia nel campo del calcestruzzo.
Anche solo pensando al tema ambientale, le risorse sul piatto, come ha appena fatto notare, sarebbero comunque poche.
Le risorse non sono quelle che ci si aspetterebbero per un tema così importante, ma immagino ci sia anche un problema di dotazione del bilancio europeo. Dunque bisognerebbe puntare sui bilanci nazionali, dando ai singoli Paesi lo spazio, tramite una green golden rule, che consenta di arrivare al 3% di deficit/Pil per fare investimenti pubblici mirati alla tutela ambientale. È qui però che notiamo di avere davanti un’ipocrisia con la von der Leyen.
In che senso?
Perché da un lato perora la causa del verde, ma dall’altro rilascia dichiarazioni in cui nega la possibilità di concedere questa green golden rule spiegando che se fosse autorizzata i Paesi farebbero il cosiddetto “green washing”, cioè truccherebbero i conti pubblici con spese fintamente verdi. Trovo sia scandaloso che il leader della struttura tecnica europea si permetta di parlare di trucchi contabili: è un’ammissione di incapacità di controllare quanto avviene nei singoli Paesi, ma anche un’affermazione estremamente dispregiativa verso gli Stati membri. La von der Leyen piuttosto faccia compiere dei controlli sui singoli appalti e nel caso li interrompa. Credo quindi che ci sia un’ipocrisia di fondo: non si vuole essere verdi fino in fondo, ma quel tanto che basta, al massimo quello 0,3% di Pil europeo, per dare un contentino. Ma l’Europa non ha bisogno di questo, ma di essere verde veramente.
Cosa pensa invece delle dichiarazioni del Commissario Gentiloni sulla necessità di rivedere il Patto di stabilità? Immagino la troveranno d’accordo…
Assolutamente no. Le dichiarazioni di Gentiloni mostrano una totale carenza di comprensione, che addirittura supera quella del temibile e conservativo European fiscal board. Il Commissario ha detto: “Queste regole sono nate in un momento particolare nel contesto di una crisi. Ora però da questa crisi siamo fuori. E abbiamo altre sfide davanti a noi […]. In questo contesto le regole europee devono essere gradualmente adeguate”. Il problema però non è che le crisi non ci sono più, ma che possono sempre tornare e anzi tornano con più probabilità se non chiariamo come si gestiscono. Il vero problema del Patto di stabilità è che non prevedendo le crisi, non dicendo cosa fare di giusto durante le crisi, le rende più probabili permettendo che si autorealizzino. Quindi è fondamentale che Gentiloni capisca una cosa.
Quale?
Che l’unico e vero grande problema del Patto di stabilità non è adeguarlo a chissà quali tempi, ma che deve dare la possibilità ai singoli Stati membri, in autonomia, durante una crisi grave, di poter usare discrezionalmente tutte le leve possibili, indipendentemente dal livello del debito pubblico sul Pil. Perché sappiamo che in Italia il debito/Pil è cresciuto a causa delle regole che hanno detto che non si poteva venire incontro alle difficoltà economiche.
L’Istat ha registrato un nuovo calo della produzione industriale a ottobre (-0,3% congiunturale e -2,4% tendenziale). Crede che nel 2020 possa esserci un ulteriore peggioramento?
Certamente. La congiuntura internazionale non è drammatica, ma non è favorevole, ma quella nazionale, a causa di politiche fiscali restrittive, renderà il nostro differenziale con gli altri Paesi europei peggiore dell’attuale. In queste settimane abbiamo assistito a un minuetto sulle tasse, ma la sostanza è che siccome occorre stare dentro il 2,2% di deficit/Pil la manovra rimane restrittiva. Quindi possiamo levare tutte le tasse che vogliamo, purché ne inseriamo altrettante.
Secondo lei, perché c’è tutta questa litigiosità nella maggioranza?
Tutte queste discussioni nella maggioranza sono dovute alla consapevolezza che è necessario varare una manovra impopolare. Perché questo non è un Governo che deve cercare dove spendere, ma dove tassare: per questo sono tutti in disaccordo. È stato un errore approvare una Nadef che ammazzerà il Paese per l’ennesima volta e ovviamente aumenterà la probabilità, che è sempre intrisa dentro quel maledetto spread, che il nostro Paese a un certo punto si stanchi dell’Europa facendo arrivare al Governo un partito che dell’Europa non vuole sentire parlare.
E a proposito di Nadef, visto che il deficit è previsto in ulteriore calo dal 2021, le cose in prospettiva non miglioreranno…
Un imprenditore italiano sa bene che nei prossimi tre anni in Italia si faranno manovre restrittive, quindi ci saranno più tasse e meno domanda per le imprese.
(Lorenzo Torrisi)