Il grande tema degli ultimi due giorni è se la Lega di Salvini sia contro o pro l’euro, contro o pro l’Unione europea. L’interrogativo ha generato un diluvio di articoli sulle diverse sensibilità dentro il partito e su quale sia, eventualmente, l’opinione che conta. È un tema che appassiona gli “interlocutori” dell’Italia, sia quelli che stanno nei governi degli altri membri dell’Unione, sia quelli che stanno sui mercati. Da questa vicenda scaturiscono almeno due interrogativi. Il primo è se la Lega possa aspirare al governo del Paese senza una posizione chiara e definitiva pro Europa e cioè in aperta opposizione all’establishment europeo. Il secondo è se Salvini possa conquistare la maggioranza con una posizione dichiaratamente anti-euro.
La risposta alla seconda domanda è l’inizio della risposta. Intanto registriamo che questa storia del poliziotto buono e del poliziotto cattivo ha generato una marea di titoli che non fa mai male soprattutto quando l’interesse mediatico sembra scemare. La Lega non può vincere le elezioni con un programma di uscita dall’euro a meno che si voglia condannare a una percentuale simbolica. Nessuno può pensare di proporre un’uscita unilaterale dalla valuta comune e sperare di vincerci le elezioni. Nessuno può pensare di governare contro una maggioranza che sicuramente vuole evitare un salto nel buio unilaterale. Quando e se ci sarà una campagna elettorale in Italia non sarà fatta sull’euro. Dire che l’Europa va cambiata altrimenti finisce, invece, è un’analisi che si può trovare da anni su tutti i principali organi di informazione “mainstream” dal Financial Times a Bloomberg passando per il New York Times. Certo c’è una fascia di elettorato “anti-euro” più ampia e tendenzialmente in crescita, ma nessuno, soprattutto al nord, vuole avventure al buio.
I mercati capiscono che la Lega non ha intenzione di prendere alcuna iniziativa nei confronti dell’euro. La questione è al limite un’altra e cioè che la Lega non è “ideologicamente” pro-euro a qualsiasi condizione e in qualsiasi contesto a differenza, per esempio, di altri partiti dell’arco costituzionale italiano. Questo è un fattore da tenere in considerazione per gli investitori se la situazione dovesse “peggiorare” e il progetto venisse messo in crisi dalle pressioni esterne e dalle divisioni interne. Notava proprio in questi giorni Wolfgang Munchau, editorialista del Financial Times, che è “smart” che la Lega si tenga tutte le porte aperte, soprattutto in questa fase, e poi, malignamente, che tutti i governi italiani dall’introduzione dell’euro sono finiti prima del tempo e che “se Salvini vuole durare più di una legislatura deve fare qualcosa di diverso”.
Le contraddizioni dell’euro, la volatilità politica in Francia e Germania sono sotto gli occhi di tutti, così come i dati tragici che ancora ieri sono usciti sull’industria tedesca. In questo senso un partito che non garantisce l’appartenenza “a tutti i costi” è un problema per i mercati. Forse il problema è più “relativo” di quanto non lo fosse dieci anni fa, perché nel frattempo è cambiato tutto e la costruzione dell’euro sembra pericolante.