Il prezzo del Bitcoin, la prima e più famosa tra le criptovalute, ha ripreso a volare. Ora si trova abbondantemente sopra i 16mila dollari, ma nei giorni scorsi ha superato di poco i 19mila, andandosi ad avvicinare allo storico prezzo di 20mila, raggiunto alla fine del 2017. Sono passati tre anni da quello storico record, raggiunto dopo una salita iperbolica. E in questi anni più volte il Bitcoin è stato dato per morto. Anzi, c’è addirittura un sito web che si è messo a contare le volte che (dalla nascita nel 2010) è stato dato per morto (341 a oggi). E invece il Bitcoin è ancora tra noi, più vitale che mai.



A dir la verità, anche il sottoscritto aveva dato per morto il Bitcoin, proprio durante il periodo di massima ascesa (fine 2017). Però intendevo esattamente questo: il Bitcoin, grazie alla sua struttura, è destinato a essere uno strumento speculativo e proprio l’ascesa del suo valore lo rende inservibile come moneta. Per cui, argomentavo, la salita esponenziale del suo valore decreta la sua morte come mezzo di scambio: se infatti vale così tanto, tutti tenderanno a conservarlo e non a spenderlo per ottenere beni e servizi.



Ora i fatti (per ora) mi stanno dando ragione: l’utilizzo del Bitcoin come moneta per ottenere beni e servizi è rimasto del tutto marginale, irrisorio. I volumi di scambio del Bitcoin invece al momento del picco di valore erano a 25 miliardi di dollari al giorno, mentre oggi, non avendo ancora raggiunto quel valore, il volume degli scambi è pari a circa 35 miliardi di dollari. Vuol dire che tutti questi Bitcoin scambiati sono per speculazione.

Ma è tutto il settore delle criptovalute a essere cresciuto enormemente, quadruplicando il volume degli scambi nello stesso lasso di tempo (circa 50 miliardi a fine 2017, oltre 200 miliardi oggi). Sicuramente molto è dovuto al fatto che anche nei settori bancari più restii a considerare positivamente il fenomeno si sono resi conto delle potenzialità e ormai quasi tutti le banche centrali hanno il loro progetto di emissione di valuta “digitale”, che altro non è che la valuta ufficiale (Euro, Dollaro, Yen, ecc.) in formato digitale, cioè elettronico, con l’utilizzo di una crittografia evoluta per rendere il sistema inviolabile. In altre parole, una tecnologia “blockchain”, la stessa utilizzata dal Bitcoin e da tante altre criptovalute.



Inoltre, bisogna considerare il particolare momento storico. La crisi continua imperterrita e gli speculatori sono sempre alla ricerca di asset su cui investire. In questo senso la tecnologia blockchain e tutto ciò che ne deriva appare sempre più come un investimento molto interessante relativo a una tecnologia che sempre più verrà utilizzata nel futuro nei più svariati settori. C’è anche da dire che, con le continue voci di un prelievo improvviso sui conti correnti per tentare di coprire le falle finanziarie dello Stato, un numero sempre maggiore di cittadini si sta chiedendo come proteggere i propri risparmi. Insomma, anche la platea di investitori in Bitcoin e criptovalute si sta ampliando.

Come ulteriore tassello, c’è da considerare che la confusione, sociale e politica, regna sovrana. Ancora non si sa che fine faremo per le vacanze natalizie; però è facile in materia essere ragionevolmente pessimisti. A tutti appare evidente che il Governo ha mancato l’occasione di farsi trovare preparato alla citatissima “seconda ondata” del Covid e ora tutti noi ne paghiamo le conseguenze. Sul tema, già diverse volte ho detto che secondo me la pandemia finirà solo quando avremo preso i soldi del Mes, del quale da qualche settimana non si parla più come se fosse un argomento superato. Ma non è così, il meccanismo europeo si è messo in moto e il prossimo 30 novembre l’Ecofin (il gruppo dei ministri delle finanze europei) si incontrerà di nuovo per procedere su quella strada, la strada dell’approvazione delle modifiche con relativa firma prevista per il 27 gennaio 2021.

Singolare data: quello è il periodo dell’anno in cui c’è il picco delle influenze stagionali (che però da quando c’è il Covid sembrano scomparse, almeno stando ai dati di Influnet, il sistema di sorveglianza delle influenze stagionali del ministero della Salute). Mi fa supporre che all’apice della seconda ondata saremo “sospinti” ad accettare il “Mes sanitario” e trovarci così ingabbiati nelle regole europee.

Tutto ciò, nonostante il Parlamento italiano abbia esplicitamente votato contro il Mes e qualsiasi modifica dello stesso debba essere esplicitamente prima vagliata e approvata dallo stesso Parlamento (così come ogni vincolo internazionale che abbia impatto sui conti pubblici). Questo Governo sta letteralmente abusando dei poteri conferitigli. Fino a quando gli italiani sopporteranno pazientemente?

A proposito di Covid e di cosa accade all’estero: in Cina i casi sono di nuovo in aumento. A Shanghai (oltre 24 milioni di abitanti) sono stati segnalati 2 (due!) nuovi casi, che porta così il totale a 7 (sette!) infetti. Proprio come da noi. Ma non sto ironizzando: il sito italiano che riporta la notizia ha per titolo proprio questo: “In Cina i casi di Covid-19 sono in aumento e riprende il contenimento”. Visto? Anche all’estero i casi crescono (del 40%, da due a sette!), anche all’estero riprendono il contenimento! Quel benedetto contenimento che tanti risultati positivi ha portato. Quel contenimento che porta alla distruzione dell’economia (perché la salute viene prima dei soldi, quando i soldi sono i nostri, ma non è lo stesso quando i soldi li deve mettere lo Stato per riaprire gli ospedali) e che ci prepara a chiedere il Mes in ginocchio. Quel Mes che in Europa nessun altro Paese vuole. Nemmeno la Grecia. Chissà perché.