Riceviamo e pubblichiamo la seguente lettera del professor Giulio Tremonti.

Milano, 6 marzo 2020

Signor Direttore,
ho letto su IlSussidiario.net l’articolo di Antonio Quaglio pubblicato il 6 marzo sotto il titolo: “Finanza & Terzo Settore/ “Fondazioni 3.0” ai secondi trent’anni”.

Nell’articolo è scritto tra l’altro quanto segue: “La Corte Costituzionale, nel 2003, ha definitivamente sancito che nel 2003 che le Fondazioni sono pilastri dell’“organizzazione delle libertà sociali”: esemplari della riforma in senso federalista dell’articolo 118 della Costituzione. Ma cosa significa queste mission nel terzo decennio del ventunesimo secolo? What next dopo che anche la fase “2.0” – progressivo sganciamento dalle banche e forte impegno sul welfare sociale – ha ulteriormente aumentato a 22 miliardi il monte-erogazioni aggregato?”.



Si tratta di un’informazione che mi pare discutibile, discutibile tanto dal lato “politico” quanto dal lato “economico”. Per cominciare la norma “incriminata”, norma che incrementava il peso degli enti locali nelle Fondazioni e per questo era stata voluta dalla Lega in senso “federalista” in linea con il nuovo Titolo V della Costituzione, era in questi termini l’esatto opposto della “ristatalizzazione”! A seguire, mi pare poi che nell’articolo non si consideri un dato essenziale: l’apertura alle Fondazioni del capitale della Cassa Depositi e Prestiti, apertura sviluppata su mia iniziativa è stata la fonte di strutturali flussi di dividendi dalla Cassa alle Fondazioni e proprio questa è stata ed è la base essenziale del ruolo sui territori delle Fondazioni stesse.



Grato comunque per l’attenzione, vi invio i miei migliori saluti.

Giulio Tremonti

È un volume importante anche nel timing d’uscita, quello scritto a quattro mani da Andrea Greco, inviato speciale di Repubblica, e da Umberto Tombari, che ha appena concluso il suo doppio impegno di presidente dell’Ente CariFirenze e di vicepresidente dell’Acri. Fondazioni 3.0 (Bompiani, 2020), è un vero e proprio “libro bianco” con il quale un protagonista recente della vita degli Enti e un loro osservatore di lungo corso hanno inteso segnare un cambio di stagione. Hanno deciso di farlo a trent’anni dalla legge Amato-Carli, la riforma che partorì verso l’alto nuovi soggetti proprietari per le casse di risparmio e i colossi pubblici di allora. Che la riflessione veda la luce quando le Fondazioni sono improvvisamente tornate alla ribalta dell’attualità bancaria come azionisti-pivot di grandi banche – nell’offerta d’acquisto annunciata da Intesa Sanpaolo su Ubi, con riflessi esterni su Bper – aggiunge solo valore al punto della situazione elaborato. Non c’è affatto contraddizione – anzi – fra una fase “1.0” che manifesta ancor oggi vigore propulsivo nel riassetto bancassicurativo e una fase “3.0” ancora tutta da costruire nel ripensamento di obiettivi e strumenti del “welfare sul territori”, core not-for-profit business degli Enti. E certamente non sorprende che uno stimolo alla verifica giunga dopo che la crisi finanziaria globale ha colpito in profondità anche patrimoni e redditività delle Fondazioni, peraltro soggette a pressioni moltiplicate da parte degli stakeholder per mantenere erogazioni sostenibili. 



L’esperienza delle Fondazioni italiane di origine bancaria – per molti versi un unicum a livello internazionale – non è mai stata scontata: è maturata lungo percorsi spesso inediti. Anzitutto con un’inevitabile selezione: molti enti – anche di nome e dimensione rilevanti – ai blocchi di partenza nel 1991 oggi non ci sono più o quasi (le Fondazioni Banco Napoli, Banco di Sicilia, Mps, Carige, oltre a decine di Enti nel Centrosud). È invece proceduta in tempo reale una regulation sempre innovativa: la “legge delle Fondazioni” è stata personalmente firmata dal “Presidente dell’euro” Carlo Azeglio Ciampi. Il modello (ben rammentato in prefazione del libro da Giuseppe Guzzetti, a lungo presidente di Fondazione Cariplo e Acri)  delinea enti autonomi impegnati a proteggere i loro patrimoni, garantire profitti sostenibili e creare in via sussidiaria “benessere” e “sviluppo” sui diversi territori.

L’identikit ha subito superato la prova del fuoco del tentativo di ristatalizzazione da parte del ministro Giulio Tremonti. La Corte Costituzionale, nel 2003, ha definitivamente sancito che nel 2003 che le Fondazioni sono pilastri dell’“organizzazione delle libertà sociali”: esemplari della riforma in senso federalista dell’articolo 118 della Costituzione. Ma cosa significa queste mission nel terzo decennio del ventunesimo secolo? What next dopo che anche la fase “2.0” – progressivo sganciamento dalle banche e forte impegno sul welfare sociale – ha ulteriormente aumentato a 22 miliardi il monte-erogazioni aggregato? 

Greco e Tombari individuano almeno tre percorsi evolutivi complessi. Il primo attiene certamente allo status di investitori istituzionali: anzi di “investitori di nuovo tipo nei complessi produttivi del Paese” suggeriscono senza mezzi termini gli autori. Additano anzitutto il ruolo decisivo delle Fondazioni negli assetti di controllo della Cassa Depositi e Prestiti, ma non solo: gli investimenti mission related rappresentano una leva da azionare a fondo, anche in chiave di diversificazione in epoca di mercati volatili e a tassi zero. Il binomio è comunque chiaro: la ricerca di nuove combinazioni di rischio-rendimento negli impieghi patrimoniali si può coniugare con la generazione di sviluppo (imprenditoriale, occupazionale, di ricerca e alta formazione) sui territori. 

Un seconda linea esplorativa del libro tiene assieme sia l’asset management sia l’attività istituzionale: è la logica della partnership. Gli Enti devono imparare a lavorare su progetti e piattaforme comuni: senza aver timore di mettere in agenda, in ultima analisi, un vero e proprio riassetto per aggregazioni, come già raccomandato dall’ultimo Protocollo Acri-Mef.

Un terza sfida attiene infine la governance, ancora su un doppio versante: la crescita manageriale, l’irrobustimento della qualità dei partecipanti ai diversi organi di governo delle Fondazioni; senza rinunciare a innovare l’accountability  con gli enti pubblici e della società civile dei territori.