“Se aspettiamo che il Covid sparisca, auspicando che accada, ma non ci credo, resteremo sempre chiusi, non ci sarà un momento in cui potremo riaprire perché il virus non c’è più”. Carlo Federico Perno, direttore di Microbiologia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, commenta così il timing con cui il governo ha deciso di chiudere lo stato di emergenza e di passare a una strategia ordinaria di contenimento e contrasto del Covid.



Ma avverte: “Che arrivi una nuova ondata è pressoché certo, fa parte delle caratteristiche di questo virus” e quindi suggerisce di “mantenere alta la guardia e continuare con un’attenta valutazione epidemiologica e con i sequenziamenti per cogliere in anticipo eventuali nuove ondate anche di eventuali virus diversi”. Quanto alla campagna vaccinale, secondo Perno, “al momento non ci sono ragioni scientifiche che indichino la necessità di una quarta dose di massa”.



Con una campagna vaccinale che ha raggiunto numeri imponenti e con gli italiani stanchi di restrizioni e vincoli, è il momento giusto per porre fine allo stato di emergenza, mentre il virus sembra che stia rialzando la testa?

Dobbiamo decidere se vogliamo rincorrere il virus o la malattia. Virologicamente parlando, questo virus non se ne va. E come tutti i virus respiratori ritornerà a ondate. Se aspettiamo che il Covid sparisca, auspicando che accada, ma non ci credo, resteremo sempre chiusi, non ci sarà un momento in cui potremo riaprire perché il virus non c’è più.

Quindi?

Siccome le infezioni stanno risalendo, ma gli accessi in ospedali e la mortalità stanno chiaramente calando, credo che il governo abbia scelto di guardare alle ospedalizzazioni e alla mortalità e ha operato delle scelte che hanno una loro logica precisa.



Quale?

Il virus continua a circolare, fa pochi danni dal punto di vista clinico – pur avendo pur sempre una mortalità del 2 per mille, che è bassissima, ma non è zero – e penso che il governo abbia ritenuto che la malattia sia sotto controllo grazie alle vaccinazioni, dunque non possiamo più restare chiusi e riapriamo come hanno già fatto altri paesi europei. Ovviamente con cautela e attenzione.

Arriverà una quinta ondata estiva?

Che arrivi una nuova ondata è pressoché certo, fa parte delle caratteristiche di questo virus. Che arrivi in estate ho qualche dubbio in più: tutti i virus respiratori “soffrono” il caldo, perché, da un lato, si vive di più all’aperto con una minore concentrazione di virus nell’aria e, dall’altro, il calore li fa replicare meno bene. La quarta, o quinta, ondata ci sarà più facilmente quando tornerà il freddo.

Omicron 2 è più contagioso ma meno severo di Omicron 1. Il virus si sta indebolendo e stiamo andando, dopo due anni e diverse ondate, verso la fine della pandemia?

Il fatto che stia aumentando l’infettività ma stia calando la severità è un segno di rafforzamento, non di indebolimento del virus.

Non è un paradosso?

Per un virus l’obiettivo non è uccidere l’ospite, ma replicare il meglio possibile: più replica e meno uccide, dal suo punto di vista, meglio è. Sta facendo quindi il suo lavoro, indirizzandosi verso una ridotta pericolosità e alta replicazione.

Giusto mantenere l’obbligo delle mascherine nei luoghi al chiuso fino al 30 aprile?

Sulla tempistica, la decisione è politica. Ho sempre pensato che all’aperto la mascherina, salvo nei casi di assembramento, non aveva ragione di essere. Nei luoghi al chiuso la mascherina il presidio principale per ridurre la contagiosità. Se poi il virus mostra una scarsa pericolosità e abbiamo, come oggi, una stragrande maggioranza di vaccinati, potremmo andare verso la decadenza dell’obbligo a indossarla. Ma in questo momento è l’unico presidio che terrei.

“Con questo provvedimento superiamo le quarantene per contatto, anche per i non vaccinati. D’ora in poi resterà in isolamento soltanto chi risulta positivo”. Lo ha detto il ministro Speranza. Che ne pensa?

Tenere in isolamento solo i positivi ha una sua logica, perché ritengo che con questi numeri di infezioni il tracciamento e le quarantene siano molto difficili da applicare.

La campagna vaccinale andrà avanti. Chi dovrà fare la quarta dose?

Tutte le vaccinazioni dell’infanzia sono articolate su tre dosi e non abbiamo nessuna evidenza che la quarta dose nelle persone sane migliori il quadro dell’immunità. Al momento non ci sono ragioni scientifiche che indichino la necessità di una quarta dose di massa. Diverso il discorso per le persone fragili: visto che hanno difficoltà a montare, come si dice in gergo tecnico, una risposta immunitaria sufficiente, in questi soggetti la quarta dose avrebbe un senso.

Con quale vaccino?

Se dovessimo scoprire che le nuove varianti e sub-varianti di Omicron non fossero coperte dal vaccino, dovemmo cambiare vaccino. Se invece, com’è attualmente, la terza dose sembra coprire, e lo dimostrano i fatti – abbiamo le infezioni, ma scarsa patologia -, non c’è ragione di cambiarlo. Emergesse però un nuovo ceppo talmente insensibile al vaccino, a quel punto dovremo necessariamente cambiarlo. Ma è una storia già vista con l’influenza.

Dal 1° aprile gradualmente passiamo a una fase ordinaria e non più straordinaria di contrasto e contenimento del virus. Dopo una stagione da non ripetere, qual è la mossa pi urgente da fare e l’errore da evitare?

Le due cose stanno insieme: bisogna mantenere alta la guardia e continuare con un’attenta valutazione epidemiologica e con i sequenziamenti per cogliere in anticipo eventuali nuove ondate anche di eventuali virus diversi. La cosa assolutamente da non fare è pensare che il Covid sia sparito, anche se in estate le infezioni dovessero calare tantissimo.

Il Cts viene smantellato e le sue funzioni faranno capo a Istituto superiore di sanità e Consiglio superiore di sanità. Con quali compiti?

Questi due organi istituzionali sono preposti proprio alla gestione ordinaria delle patologie. Se si ritenesse, come sembra, che il virus non è più una patologia straordinaria ma ordinaria, ha senso che Iss e Css riprendano le loro competenze, a partire dall’attività di sorveglianza.

Non sarebbe anche il caso di ripristinare un Centro di controllo delle malattie infettive, come il Cdc americano?

Noi abbiamo bisogno di un Cdc, è fuor di dubbio. Ma c’è già a livello europeo, l’Ecdc. Non so se ha senso duplicarne la struttura in casa. E’ una decisione politica.

(Marco Biscella)

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