Per i veneti la sorpresa di Pasqua arriva oggi quando Luca Zaia firmerà una nuova ordinanza valida nella Regione. Una data simbolica per un rinnovamento di strategia. “Martedì 14 sarà un altro Veneto rispetto a quello che vediamo oggi”, ha annunciato il governatore durante la conferenza stampa quotidiana via Facebook. Sorridente, senza mascherina, Zaia prosegue nella strada dello smarcamento dalle altre Regioni ma soprattutto da Roma, dove il governo ancora annaspa tra incertezze, errori del premier, commissioni e commissari dai poteri indefiniti, date di riapertura che trasmettono ai cittadini più confusione che sicurezze.
L’annuncio di Zaia arriva mentre in Lombardia si segna una battuta d’arresto nella marcia di rallentamento del contagio: non solo le timide riaperture di negozi decise dal governo (librerie e cartolerie) non avverranno, ma soprattutto preoccupano i dati di Milano, dove il numero dei morti cresce ancora e allontana il ritorno a una parvenza di normalità. Indubbiamente il Veneto ha dovuto fronteggiare un’emergenza di diversa portata, ma l’ha affrontata con strategie che hanno consentito di arrivare prima di altri alla “fase 2”. “Il lockdown di fatto non c’è più”, ha detto Zaia. La sua è una presa d’atto della situazione che si è creata: in Veneto il 60% delle aziende ha già riaperto, “lo si vede dal traffico che è aumentato a causa del cosiddetto ‘silenzio assenso’ dei prefetti”.
Ed è difficile spiegare perché Fincantieri può operare e Benetton no, ha esemplificato Zaia: “Non è accettabile la piccola ‘riserva indiana’ di chi non riesce ad aprire, vedi la moda che è la prima filiera italiana”. L’ordinanza non dovrebbe occuparsi di restrizioni, che già vanno riducendosi, ma di sicurezza del sistema, a partire dai dispositivi di protezione personale che accompagneranno la ripresa dal lavoro, cioè mascherine e guanti. La novità maggiore dovrebbe riguardare l’uso e la vendita delle mascherine, che probabilmente sarà liberalizzata (così come le importazioni) in vista di un loro utilizzo obbligatorio.
Già da giorni in Veneto, ma anche tra molti imprenditori italiani, si ragiona sullo sblocco. La prima novità è il cambio di prospettiva rispetto al governo, che continua a ragionare per tipo di attività, mentre la parte più dinamica del Paese discrimina non per codici Ateco ma per garanzie che le aziende possono offrire ai lavoratori e viceversa. È su questo terreno di incontro che si riparte: apriranno le ditte che garantiscono sicurezza, cioè dispositivi di protezione e distanze. Ormai è chiaro che il discrimine tra salute e contagio è la mascherina: se il Veneto riuscirà a garantire la reperibilità, imporrà a tutti l’obbligo di indossarle, così come i guanti.
Una fuga in avanti? Tutt’altro. Basta sentire alcune delle parole dette ieri da Sergio Mattarella negli auguri di Pasqua alla nazione: “Non appena possibile”, ha detto il presidente, “sulla base di valutazioni scientifiche e secondo le indicazioni che verranno stabilite, si potrà avviare una graduale, progressiva ripresa, con l’obiettivo finale di una ritrovata normalità”.
È quanto sta avvenendo nel Nordest. Senza eccessive polemiche verso l’Europa (“semplicemente non c’è”, ha detto ieri Zaia) e senza aspettare i tempi della burocrazia nazionale per avere sussidi e garanzie, il “modello Veneto” in tempo di Covid-19 segna un altro passo avanti dopo la rapidità delle chiusure delle zone rosse, la severità nei controlli, i tamponi a tappeto e l’avvio della campagna dei test sierologici per individuare gli asintomatici e quanti hanno gli anticorpi. Non c’è da meravigliarsi se le donazioni alla sanità veneta finora sono 30mila (tra soldi, dispositivi sanitari, cibo) per un valore equivalente a 42 milioni di euro.