In modo chiaro ed esplicito il presidente della Corte Costituzionale, Augusto Barbera, nella sua Relazione annuale afferma che “la Corte è custode attenta della Costituzione. Ma la Costituzione non appartiene ai custodi. È di tutti”. E dopo questa premessa aggiunge: “In un sistema costituzionale fondato sulla separazione dei poteri, al rigoroso rispetto delle decisioni delle magistrature deve corrispondere l’altrettanto rilevante rispetto delle decisioni delle sedi parlamentari, espressione della sovranità popolare”. Peccato che alla chiarezza della premessa non segua la coerenza delle argomentazioni successive, in cui invece si parla dell’evoluzione interpretativa delle norme costituzionali, affermando: “Penso in primo luogo ai diritti civili”.
In un passaggio successivo infatti il relatore riconosce a se stesso il ruolo di coscienza sociale del Paese e mette in conto all’intero Parlamento una persistente inerzia legislativa. Parole che creano un vulnus gravissimo in chi aveva affermato poco prima di essere solo il custode di una Costituzione che non era certamente di sua proprietà. Nello stesso tempo, in quanto custode, aveva ribadito di essere un convinto difensore della separazione dei poteri.
Prescindendo dal sapore autoreferenziale di queste affermazioni, per cui il presidente pensa di essere l’unico interprete autorevole della coscienza sociale in costante evoluzione, ciò che emerge è la mancata conoscenza, o per lo meno una carente comprensione, dell’ampio dibattito che da più legislature il Parlamento sta affrontando proprio in merito ai diritti civili, in particolare rispetto alla legge sull’eutanasia e al riconoscimento anagrafico dei bambini nati da coppie omosessuali. Il Parlamento in realtà da molti anni si interroga sulla costante evoluzione della coscienza sociale, come confermano gli atti relativi al dibattito parlamentare. Lo fanno da molto tempo parlamentari di tutti gli schieramenti, con Governi di stampo decisamente diverso, senza mai raggiungere una conclusione univoca che consenta di elaborare una legge che possa essere approvata, sia pure a maggioranza. Nel Parlamento si riflettono dubbi e incertezze che meritano il massimo rispetto proprio dalla Corte Costituzionale: non esiste attualmente, né esisteva nella legislatura precedente, né in quella precedente ancora una maggioranza che sia d’accordo su un tema così delicato, come ad esempio l’eutanasia. Ne è la riprova la bocciatura delle leggi regionali sullo stesso tema. Su alcuni temi ci sono associazioni che reclamano come diritto quello che è un loro desiderio, ma il loro ruolo è ben diverso da quello del Parlamento, dove la prudenza è d’obbligo.
C’è poi un altro aspetto interessante nella relazione del presidente Barbera ed è il riferimento alla discrezione in merito a ciò che accade in camera di consiglio e all’eventualità di introdurre forme di dissenting opinion, come in altri Paesi. In Italia, almeno attualmente, questa prassi non esiste, per cui, a suo avviso, vanno assolutamente evitate le opinioni dissenzienti espresse a posteriori dai singoli giudici. Il “segreto” della camera di consiglio va conservato, secondo lui, per due motivi: da un lato per assicurare l’indipendenza della Corte Costituzionale e dall’altro per evitare l’indebolimento dell’autorevolezza delle decisioni prese. È probabile che nell’ambito della Corte sussistano opinioni diverse proprio su tematiche così delicate come quelle che riguardano i diritti civili in un contesto ad alta densità evolutiva. Appare plausibile che nell’ambito della Corte ci siano le stesse differenze, dubbi e incertezze, che ci sono nel Parlamento e nella società civile, soprattutto quando ci si tratta di questioni che potrebbero modificare profondamente la nostra ecologia sociale.
Il fatto che il Presidente voglia conservare la massima discrezione sui lavori della Corte ne conferma la diversità rispetto ai lavori del Parlamento, in cui i parlamentari rispondono delle loro idee e posizioni, del loro voto, davanti agli elettori. E lo stesso Barbera lo riconosce quando afferma: “La Corte deve rispettare l’ampia sfera di discrezionalità del legislatore nell’attuazione delle politiche delle quali il Parlamento risponde direttamente agli elettori, e può intervenire soltanto ad assicurare il rispetto dei limiti sostanziali fissati dalla Costituzione a quanto può essere deciso dalle maggioranze parlamentari”.
Alla fin fine possiamo dire che nella sua relazione Barbera ha detto di tutto e il contrario di tutto, facendo emergere un’ambiguità dal sapore ideologico; prendendo una posizione politica che vuole essere di stampo progressista, molto vicina alle posizioni della sinistra, senza garantire la complessa oggettività su temi così delicati, come ci si aspetterebbe da un custode della Costituzione.
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