In Québec, l’accesso all’assistenza medica per il fine vita potrebbe essere presto estesa con il voto di un nuovo disegno di legge, attualmente in discussione all’Assemblea nazionale della regione canadese. Se il disegno di legge verrà adottato, il fine vita sarà esteso alle persone affette da una disabilità neuromotoria grave e incurabile (come la paraplegia). Non solo: un paziente affetto da una malattia grave e incurabile che comporta l’incapacità di intendere e di volere potrà presentare una richiesta anticipata di assistenza attiva nel morire mentre è ancora in grado di comprendere.



Il ricorso al fine vita in Québec è in crescita, come si legge sul quotidiano “La Croix”: la percentuale di decessi in loco rappresenta oltre il 7 per cento dei decessi. Si tratta “della percentuale più alta al mondo, davanti a Paesi Bassi e Belgio. Il progetto di allargamento è ben lungi dall’essere sostenuto all’unanimità. Il Collegio dei medici sostiene il testo, ma lo ritiene troppo restrittivo. Ha chiesto di eliminare il qualificatore ‘neuromotorio’ e di estendere l’accesso a tutte le disabilità gravi e non curabili”.



FINE VITA IN QUÉBEC: I VESCOVI SOTTOLINEANO LA “BANALIZZAZIONE DELL’EUTANASIA”

Michel Bureau, presidente della Commissione per le cure di fine vita, ritiene che la decisione sull’estensione del fine vita in Québec sia difficile da controllare. “Una persona che desidera beneficiare dell’assistenza attiva in fin di vita e che poi non è più in grado di farlo, vedrà diversi medici nel processo – ha chiarito su ‘La Croix’ –. L’ultimo, che non conosce il paziente e che deve eseguire questo procedimento deciso in precedenza, può essere riluttante. La persona può anche dare segni di essere contraria a riceverla o di essere felice nonostante la malattia”.



In questo scenario, l’assemblea dei vescovi cattolici del Québec fa riferimento a “una banalizzazione dell’eutanasia nel discorso prevalente, una china scivolosa”. I religiosi sostengono che il disegno di legge sul fine vita invii un messaggio inquietante alle persone con disabilità neuromotorie gravi e incurabili, “che possono credere che la loro vita non sia degna di essere vissuta”.