Poco meno di tre mesi fa, il 24 maggio per l’esattezza, in occasione della Giornata nazionale del sollievo, Massimiliano Fedriga nel suo doppio ruolo di presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia e di presidente della Conferenza Stato-Regioni, affermava: “L’impegno che possiamo assumere oggi come Regioni e, mi sento di dire, insieme al ministero della Salute, è quello di fare il possibile per implementare e completare l’attuazione alla legge 38, che ha introdotto le cure palliative nel Servizio sanitario nazionale, e dare contenuti e gambe alla Riforma della medicina territoriale, per migliorare in particolare i servizi sanitari rivolti alle terapie del dolore e alle cure palliative”.
Si trattava di una conferenza stampa a cui partecipava anche il ministro della salute Orazio Schillaci. “Non posso negare – continuava Fedriga – che resti ancora molto da fare per assicurare a tutti, in maniera uniforme in tutte le aree del nostro Paese, l’accesso alle terapie del dolore e alle cure palliative. Oggi abbiamo ascoltato con attenzione le proposte che provengono dai portatori di interesse e gli operatori del settore sanitario e c’è l’impegno a implementare e completare l’attuazione alla legge 38. Intendiamo dare piena attuazione alla riforma della medicina territoriale grazie alle risorse messe a disposizione dal Pnrr, in particolare per migliorare i servizi sanitari rivolti alle terapie del dolore e alle cure palliative”.
L’altro ieri, 8 agosto, a meno di tre mesi di distanza da una dichiarazione così limpida e coraggiosa, leggiamo che la Asl friulana ha dato parere positivo perché “Anna”, donna friulana di 55 anni, affetta da sclerosi multipla, patologia attualmente irreversibile, possa accedere al suicidio assistito. La Commissione medica multidisciplinare, nominata dall’Azienda sanitaria, ha completato la sua valutazione clinica. Ora tocca al Comitato etico unico regionale (Ceur) emanare il proprio parere, e solo in caso di risposta positiva l’azienda potrà affiancare la donna nella sua decisione.
Immediato è stato l’intervento di Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni che coordina il collegio legale di studio e difesa di Anna. La Gallo ha sottolineato come anche in questo caso sussistano i requisiti fondamentali per poter accedere alla morte volontaria assistita, secondo quanto afferma la Corte costituzionale con la sentenza 242/2019. La donna è perfettamente lucida, per cui è in grado di esprimere la sua volontà, e inoltre è completamente dipendente dall’assistenza: mangia, si lava, si muove, va in bagno, solo se fisicamente assistita da terzi.
L’Associazione Coscioni fa riferimento al comma 5, articolo 1 della legge 219/2018, “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, dove si afferma espressamente che il paziente può rifiutare anche i trattamenti sanitari necessari alla sua sopravvivenza. Nel caso di Anna, quindi, la Commissione medica multidisciplinare ha identificato il bisogno assoluto di assistenza per l’espletamento delle funzioni di vita quotidiane, di cui Anna ha bisogno, con il trattamento di sostegno vitale che Anna può rifiutare, in virtù dell’articolo di legge citato. Ma lo stesso articolo, nello stesso comma, afferma anche che “Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente “…le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica. Ferma restando la possibilità per il paziente di modificare la propria volontà…”.
Ed è questo il punto chiave su cui vorremmo sentire il parere del governatore del Friuli. Lo stesso Fedriga si era impegnato ad implementare e completare l’attuazione alla legge 38, soprattutto in merito alle cure palliative, a cui pure fa riferimento, come condizione necessaria, la stessa sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Ovviamente l’Associazione Coscioni non fa mai nessun riferimento al programma di cure palliative proposte ai pazienti di cui assume la difesa. L’unica cosa che sembra interessare alla Associazione è quella di garantire loro quel suicidio assistito che è tanto simile a vere e proprie forme di eutanasia.
Fedriga, anche in qualità di presidente della Conferenza Stato-Regioni, dovrebbe davvero verificare in che modo l’Associazione Coscioni tutela i malati di cui si assume la difesa, come se i pazienti andassero difesi da chi potrebbe assicurare loro le cure palliative previste dalla legge 38. Dovrebbe ben sapere che accanto ad ogni paziente che chiede di morire ricorrendo al suicidio assistito c’è sempre la Associazione Coscioni, c’è sempre l’avvocato Filomena Grillo, c’è sempre il medesimo team, a cui Cappato fa da portavoce. Gli stessi che stanno raccogliendo firme in tutta Italia per ottenere l’approvazione della legge regionale “Liberi Subito” sulla legalizzazione dell’eutanasia. La proposta di legge è stata già attivata in 11 regioni: Abruzzo, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Sardegna, Puglia e Marche. Analoga proposta verrà depositata in Basilicata e nel Lazio, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia stanno completando la raccolta firme necessarie.
L’Associazione Coscioni punta sull’approvazione di una legge regionale di iniziativa popolare per ovviare alla mancanza di una legge nazionale, per la quale non c’è stato il consenso del Parlamento nella scorsa legislatura, a trazione Pd-M5s, e non ci sarà neppure in questa legislatura con un governo di centrodestra.
Ma da un governatore di centrodestra come Fedriga, leghista doc, coordinatore della Conferenza Stato-Regioni, ci saremmo aspettati qualcosa di più: un’applicazione piena della legge 38, come da lui stesso promesso insieme al ministro Schillaci e un controllo più stretto su questa strana alleanza tra malati in condizioni oggettivamente molto difficili e il team dell’Associazione Coscioni. È strano che dovunque appaiono loro, in qualunque regione, immediatamente si trovi un malato che vuole morire ricorrendo al suicidio assistito. È vero che si tratta di malati gravi, spesso con patologie per le quali non ci sono ancora terapie risolutive. Ma non sono certamente malati terminali, come nel caso di Anna. Eppure, l’Associazione Coscioni riesce ad individuare l’aggancio normativo per far apparire urgente e necessaria la loro morte, mentre ci sarebbe ancora spazio per curare e migliorare la qualità di vita di questi pazienti.
Recentemente è successo nelle Marche, in Toscana e due volte nel Veneto. Quasi sempre in regioni a guida di un centrodestra normalmente contrario alla legge sull’eutanasia. Come se proprio in queste regioni si volessero cercare i casi bandiera da proporre all’opinione pubblica, per convincere le persone a firmare la proposta di legge “Liberi Subito”, passando attraverso la narrazione di casi drammatici che hanno un forte impatto mediatico. Una sorta di provocazione in cui la biopolitica intercetta una delle questioni più importanti della bioetica.
L’unico contenuto della proposta di legge “Liberi Subito”, o per lo meno il più rilevante, è comunque la morte del paziente e si ignorano tutte le altre alternative, a cominciare dal ricorso alle cure palliative, cuore della legge 38. Ma si ignora anche, volutamente, la seconda parte del comma 5 dell’articolo 1 della legge 2019/2018 e al paziente non si offre nessuna alternativa oltre la morte.
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