Il fronte politico si spacca ancora una volta e sempre sui temi eticamente sensibili, diventati la vera e propria linea di frontiera tra maggioranza ed opposizione, tra centrodestra e centrosinistra. Un’ampia parte della stampa si sta spendendo a difesa del diritto all’aborto e i Tg di tutte le emittenti sono impegnati a mandare in onda interviste a parlamentari di diverso orientamento. Prevalentemente donne, tutte interpellate su di un unico quesito: esiste realmente un diritto all’aborto, oppure prevenire l’aborto con misure socio-economiche adeguate ha senso, un senso reale, profondo, che riguarda l’infinita dignità della donna?
Destra e sinistra mostrano in questi casi la loro profonda irriducibilità e non a caso, dopo l’esplosione delle polemiche e la bagarre in Aula per via dell’emendamento sui consultori, torna al centro del dibattito politico il ricorso al TAR, presentato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in tema di suicidio assistito, con l’obiettivo di annullare le delibere regionali che in Emilia-Romagna hanno tracciato un iter con tempi contingentati: 42 giorni per rendere operativa la volontà di morte di chi chiede di ricorrere al suicidio assistito.
Aborto ed eutanasia mostrano senza dubbi e senza possibilità di equivoci dove si collochi la radicale differenza tra maggioranza e opposizione e come spesso i cattolici della sinistra stentino a trovare o a confermare i loro principi valoriali strutturali per la loro stessa identità di cattolici. Almeno è quanto appare dalla recentissima Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede Dignità infinita. Intendiamoci, difendere il valore della vita dal suo inizio fino alla sua conclusione non è un atto di fede, è il rigoroso esercizio della nostra intelligenza che si interroga su chi sia l’uomo e su quali siano realmente i suoi diritti fondamentali, come riporta la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, sempre ribadita. Ma per un cattolico la recente Dichiarazione sulla Dignità umana aggiunge un tassello in più, di enorme importanza: fede e ragione, Fides et ratio, come ricordava Giovanni Paolo II con la sua enciclica di 25 anni fa e come ha appunto ribadito Papa Francesco.
Bonaccini, questa volta perfettamente in linea con la Schlein che lo vorrebbe in partenza per Bruxelles, considera il suicidio assistito come un tema esclusivamente politico, che acquista la massima visibilità proprio in vista dei giochi per le europee. Una scelta ideologica, che assume una forte connotazione identitaria per la sinistra in vista del prossimo round elettorale. Una sinistra che riesce ad esprimersi ad alta voce, coinvolgendo piazze e manifestazioni più o meno popolari e giovanili, solo su temi che configgono con il valore non negoziabile per eccellenza: la vita.
Se una volta si affermava con chiarezza che sulla vita non si vota, oggi la sinistra è disposta a votare sulla vita solo se si tratta di fine vita, che sia l’aborto o il suicidio assistito. Per la “ditta” Schlein-Bonaccini è soprattutto una modalità per mostrare, durante la campagna elettorale per le europee, che il Pd esiste e che resiste proprio perché si spinge sempre più a sinistra.
Nei fatti, occorre riconoscere al Governo il coraggio di aver assunto una posizione chiara e forte, almeno su due fronti: rivendicare la centralità del governo su alcuni temi che non possono essere lasciati alle Regioni, dal momento che sulla vita non esiste il diritto a sopprimerla, magari in una regione sì e in un’altra no. La vita va difesa sempre e comunque, come un tratto identitario della dignità umana.
La seconda argomentazione riguarda la rigida tempistica fissata dalla giunta regionale emiliana, per cui tutto si deve concludere in 42 giorni, ignorando radicalmente la complessità non solo degli iter amministrativi, ma anche dell’iter psicologico che una persona deve percorrere con la sua storia, i suoi valori e i suoi affetti, che riguardano anche il coinvolgimento della sua famiglia. Il Governo nel suo ricorso era stato preceduto dalla Castaldini, consigliera regionale dell’opposizione che aveva utilizzato le stesse ragioni utilizzate successivamente dal Governo: “la carenza di potere dell’Ente e la contraddittorietà e illogicità delle motivazioni introdotte nelle linee guida inviate alle aziende sanitarie”.
Vale la pena ricordare inoltre che Bonaccini era ricorso ad una procedura amministrativa, per evitare di portare la legge sul suicidio assistito in Assemblea, ben consapevole del flop che sulla stessa legge c’era stato in Friuli, in Veneto e in Lombardia. La famosa legge Cappato che continua a girare tra le diverse regioni, raccogliendo solo clamorosi insuccessi. La via scelta dall’Emilia-Romagna voleva essere solo una sorta di scorciatoia per aggirare un No ampiamente previsto. In ogni caso la Schlein è pronta a riprendere la sua lotta per una legge nazionale, per sostenere il diritto a non nascere e il diritto a non vivere. Secondo Bonaccini peraltro “non solo si negano i diritti delle persone riconosciuti dalla Corte costituzionale, ma si fa battaglia politica sulla pelle di pazienti che si trovano in condizioni drammatiche”. È esattamente quello che stanno facendo in Emilia-Romagna, dove sempre Bonaccini afferma: “l’Emilia-Romagna difenderà i propri atti e soprattutto il diritto di un paziente in fine vita a decidere per sé, senza dover chiedere il permesso al Governo e alla destra”. Chissà se qualcuno dirà mai al paziente tutto quello che nell’area del centrodestra si sta facendo per schierarsi dalla parte del suo diritto a vivere, e a vivere difendendo la sua dignità umana, che è infinita.
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