Dopo il parere dell’Avvocatura dello Stato sul fine vita, il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha deciso di fermare l’iter per il suicidio assistito. Bocciata la mozione del centrosinistra che avrebbe aperto ad una norma regionale per l’istituzione di percorsi di morte nel sistema sanitario locale. La maggioranza di centrodestra guidata da Massimiliano Fedriga ha scelto la strada dell’assistenza terapeutica ai pazienti. Come evidenziato dall’Avvenire, mercoledì sera è stata approvata la mozione sulle cure palliative di Carlo Bolzonello, non quella sul suicidio assistito, perché «la materia non è di competenza regionale». Dopo un ampio dibattito, il governatore ha precisato: «Non entro nel merito dei testi, ma la mozione Bullian introduce di fatto un nuovo Lea, che è materia di competenza nazionale, e questo sarebbe incostituzionale. La mozione di maggioranza rientra invece nelle nostre competenze e parla di cure palliative e sedazione profonda, il binario che possiamo percorrere. Sarebbe sbagliato brandire bandiere che non possiamo portare».



Carlo Bolzonello, primo firmatario della mozione approvata dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, ha spiegato che vuole promuovere la cultura delle cure palliative e monitorare l’applicazione della legge che respinge l’accanimento terapeutico. «Per questo invitiamo il Parlamento a potenziare questo tipo di cure, destinandovi adeguate risorse economiche». Andrea Cabibbo, capogruppo di Forza Italia, invece, ha osservato: «La risposta al dramma del fine vita è nelle cure palliative, dove l’uomo è accompagnato nel morire e non a morire. Qui noi dobbiamo decidere se la sanità pubblica deve sostenere la vita o agevolare la morte».



FINE VITA, IN VENETO SI LAVORA AD UNA MEDIAZIONE

Invece, il Consiglio regionale del Veneto riprenderà la discussione dopo l’approvazione del Bilancio, fra un mese, per poi andare in Aula a gennaio o febbraio. Stando a quanto riportato dall’Avvenire, c’è chi pensa ad una mediazione, come il consigliere regionale Roberto Bet. «La proposta di legge di iniziativa popolare ha evidenti profili di illegittimità costituzionale, e se approvata rischiamo di finire in Corte costituzionale con un esito già scritto, ossia la bocciatura e una pessima figura a livello nazionale. Ma la sentenza 242/2019 della Corte prevede in capo al Servizio sanitario nazionale la verifica dei presupposti per accertare la scriminante che esclude la punibilità del medico ex articolo 580 del Codice penale per il reato di aiuto al suicidio».



Pertanto, Bet sta sviluppando una proposta emendativa al progetti di legge che limita l’attività del Servizio sanitario regionale nella mera verifica dei presupposti per escludere la punibilità del sanitario, senza introdurre una prestazione obbligatoria alla forniture di farmacie e assistenza al suicidio, tema di esclusiva competenza statale. «I presupposti da accertare sono la pregiudiziale verifica dell’applicazione delle cure palliative, la volontà del malato libera e consapevole, che la persona sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili – riporta l’Avvenire –, e infine la verifica della somministrazione del farmaco ritenuto più idoneo che annulli ogni sofferenza. Entro questa competenza dobbiamo stare».