Fine vita: prima la Regione Veneto, ora la Regione Emilia Romagna delibera su una materia dopo che l’Alta Corte ha più volte raccomandato al Parlamento di legiferare anche per evitare una difformità tra le 20 Regioni italiane su un tema importante come il suicidio assistito. È bene ricordare la sentenza della Corte Costituzionale, pur dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione – agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi. Lo stesso Comitato nazionale di bioetica recentemente ha sottolineato l’esigenza di adottare opportune cautele affinché «l’opzione della somministrazione di farmaci in grado di provocare entro un breve lasso di tempo la morte del paziente non comporti il rischio di alcuna prematura rinuncia, da parte delle strutture sanitarie, a offrire sempre al paziente medesimo concrete possibilità di accedere a cure palliative diverse dalla sedazione profonda continua, ove idonee a eliminare la sua sofferenza in accordo con l’impegno assunto dallo Stato con la legge n. 38 del 2010».



Il coinvolgimento in un percorso di cure palliative deve costituire, infatti, «un pre-requisito della scelta, in seguito, di qualsiasi percorso alternativo da parte del paziente» (ordinanza n. 207 del 2018). Il 18 luglio 2019 il Comitato nazionale per la bioetica, ha sottolineato, all’unanimità, che la necessaria offerta effettiva di cure palliative e di terapia del dolore – che oggi sconta molti ostacoli e difficoltà, specie nella disomogeneità territoriale dell’offerta del Ssn, e nella mancanza di una formazione specifica nell’ambito delle professioni sanitarie – deve essere una priorità assoluta per le politiche della sanità, mentre attualmente le unità ospedaliere denunciano la mancanza di risorse destinate a tali cure. Quando non è più possibile guarire, curare diventa la priorità. L’attuale codice deontologico impone “di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona di non intraprendere né insistere in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, senza mai abbandonare la cura del malato”.



La Società italiana di anestesia, rianimazione e terapia del dolore e la Società di cure palliative sostengono che le persone morenti meritano attenzione ai propri bisogni e un’assistenza mirata ad alleviare le sofferenze e in queste situazioni deve esser preferito l’approccio palliativo. Non si tratta di sospendere le cure e di abbandonare la persona morente, ma di accompagnarla garantendone fino all’ultimo la qualità della vita e la dignità.

L’obiettivo di alleviare le sofferenze deve prevalere su quello di prolungare la sopravvivenza. Non significa ammettere un fallimento terapeutico, a cui segue un abbandono delle cure, ma anzi si richiede un complesso lavoro di squadra, in cui figure diverse collaborano, mettendo a disposizione e a protezione del soggetto fragile e del contesto affettivo che lo circonda, un elevatissimo livello di competenze.



Sono necessarie risorse anche grazie all’innalzamento del Fsn con gli investimenti del Pnrr e un piano di assunzioni di personale adeguatamente formato. Il DM71 ristruttura Distretti, Case della Salute, Case della Comunità rappresenta un volano di trasformazione culturale di cui le cure palliative hanno davvero bisogno, per garantire appropriatezza, omogeneità, espressione di una sanità universale e democratica alla portata di tutti.

Il Comitato nazionale per la bioetica recentemente ha pubblicato il parere “Cure palliative”, approvato a larga maggioranza nel corso della Plenaria del 14 dicembre 2023. il Cnb indica la “necessità di perseguire strategie per il rafforzamento e la valorizzazione delle reti e dei servizi di cure palliative, anche in un contesto di risorse scarse. Viene sottolineata l’importanza di adottare modelli di gestione integrati e avanzati per elevare la loro qualità e promuoverle come priorità strategica nel panorama della medicina, assicurando sia l’efficacia clinica sia la salvaguardia della dignità e dei diritti dei pazienti, in tutte le situazioni”.

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