Tocca di nuovo alla Corte costituzionale decidere sul fine vita. Infatti, la gip di Firenze Agnese Di Girolamo, chiamata a decidere sulla richiesta di archiviazione dell’indagine su Marco Cappato, Felicita Maltese e Chiara Lalli per aver aiutato un 44enne di San Vincenzo (Livorno) a raggiungere una clinica in Svizzera dove è morto nel 2022 col suicidio assistito, ha sollevato eccezione di costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale, che punisce il reato di aiuto al suicidio. Per il presidente emerito della Consulta, Giovanni Maria Flick, è «è assolutamente necessaria una legge nazionale». Dopo le polemiche sulla proposta di legge del Veneto e alla luce del nuovo caso sollevato a Firenze, l’ex Guardasigilli ribadisce la sua convinzione ai microfoni dell’Avvenire: «Serve una norma per regolare i casi di non punibilità del “suicidio medicalmente assistito”, entro i limiti ristretti previsti dal pronunciamento della Corte del settembre 2019».



Flick rimarca che le leggi regionali, anche se si pongono l’obiettivo di risolvere dei problemi, «a volte rischiano di complicare». Anche per questo è indispensabile una legge nazionale sul fine vita. Serve una normativa che definisca «nei dettagli gli obblighi del medico e della struttura sanitaria e le modalità di esecuzione dell’autosomministrazione da parte del paziente che deve avvenire, appunto, con il controllo medico della struttura sanitaria». Inoltre, per Flick dovrebbe disciplinare anche il ricorso all’obiezione di coscienza. Per quanto riguarda il progetto sul fine vita del Veneto, evidenzia che la proposta affermava la presenza di un diritto inviolabile alla prestazione sanitaria dell’aiuto al suicidio da parte della struttura sanitaria pubblica. «Tale diritto però non è riconosciuto da una legge statale. Il diritto a ottenere una prestazione sanitaria dovrebbe essere riconosciuto a livello nazionale, senza discriminazioni».



FINE VITA, FLICK CONTRO L’INERZIA DEL PARLAMENTO

La proposta del Veneto viene, dunque, bocciata anche da Giovanni Maria Flick. «Complicava e non risolveva, dice. Non regolava né gli obblighi del medico né quelli della struttura sanitaria, disciplinando solo alcuni aspetti delle modalità esecutive di una prestazione non regolata ancora dalla legge dello Stato», taglia corto il presidente emerito della Corte costituzionale all’Avvenire. Nell’intervista attacca il Parlamento per la sua «inerzia», pur essendo arrivato nella precedente legislatura all’approvazione in una delle due Camere di un disegno di legge sul tema. Ma «ha prima costretto la Consulta a intervenire con una pronuncia “inedita” su un tema delicato come il fine vita, e ora spinge e sollecita le Regioni a delle fughe in avanti che rischiano di differenziare il trattamento sul territorio e rendere ulteriormente complessa e confusa la situazione», peraltro «stimolando interpretazioni difformi da parte dei giudici».



La vicenda sollevata dal gip di Firenze, infine, per Flick potrebbe di sicuro «stimolare ulteriori interventi della Corte costituzionale – come già avvenuto in questa vicenda», ma preferisce non entrare nel merito con previsioni o valutazioni, limitandosi a dire che «dovrebbe sollecitare una volta di più l’intervento del Parlamento nella sua responsabilità per la previsione di una disciplina finalmente omogenea».