Ci sono stati recenti sondaggi d’opinione – che personalmente ritengo però spesso decisamente campati per aria – secondo i quali i finlandesi sarebbero i più felici abitanti di questo nostro disastrato pianeta.

Sarà forse così, ma sicuramente non erano troppo felici in politica visto che domenica scorsa la premier uscente, la socialdemocratica e giovanissima Sanna Marin, è stata clamorosamente battuta alle elezioni e ben difficilmente tornerà al  governo.



Anche la Finlandia infatti ha virato a destra e – così come la Svezia solo pochi mesi fa – proprio quelle nazioni scandinave che erano sempre state considerate le più progressiste d’Europa e culla della socialdemocrazia sembrano aver cambiato rotta rispetto ad un passato quasi centenario. Forse – più che scelta “di destra” – sarebbe meglio sottolineare come anche in questi Paesi sia cresciuto il nazionalismo o, meglio ancora, il “senso di appartenenza” che si caratterizza con maggiore diffidenza e chiusure soprattutto sul tema immigrazione, tema che ha infatti animato la campagna elettorale.



Fatto sta che a vincere è stato proprio il partito dei “Veri Finlandesi” che è guidato da un’altra donna, Riikka Purra, movimento che ha superato sul filo di lana i socialdemocratici della premier uscente. A vincere come voti e seggi – ma solo di un’incollatura – il partito conservatore guidato da Petteri Orpo, navigato politico che è ora l’arbitro del gioco ma che dovrà lavorare non poco per raccogliere una maggioranza in parlamento i cui 200 componenti sono ora spezzettati nei tre partiti maggiori (tutti sul 20% dei voti) e poi una miriade di piccole formazioni.

La coalizione uscente dei cinque partiti di centro-sinistra (tutti guidati da donne, ma ormai questa curiosità quasi non fa più notizia, soprattutto in Scandinavia) è stata sconfitta pur avendo assicurato un periodo di relativa prosperità al Paese che però, dopo la tempesta del Covid, si è trovato molto indebitato e con profondi malesseri sociali rispetto a quella realtà di welfare, stabilità e certezze che, forse, sono o erano alla base dei sondaggi sulla “felicità” finnica.



Solo dopo Pasqua inizieranno le trattative per formare un nuovo esecutivo e così intanto i riflettori sono puntati sulle due principali protagoniste che hanno animato i dibattiti in campagna elettorale soprattutto con serrati “faccia a faccia” che hanno fatto salire l’audience e l’interesse al voto. Entrambe cresciute a Tampere – ovvero “campagnole” rispetto alla capitale Helsinki –, entrambe deputate uscenti ma profondamente diverse tra loro soprattutto sulla questione immigrazione, oltre che sui temi gender e sui rapporti con l’Europa. Decisamente sovranista ed euroscettica Riikka, iper-europeista la Marin (che sembrava essere un po’ la “cocca” di Draghi) che si era proposta come “volto nuovo” della sinistra europea, ma l’ex premier ha scontato quel sempre più esteso e diffuso euro-scetticismo che si sta diffondendo in tutto il continente.

Una sensazione che dovrebbe mettere in allarme la sinistra e il Ppe, visto che si sta assottigliando il loro margine di consensi in vista delle elezioni europee dell’anno prossimo. Nella stessa domenica in cui anche la Bulgaria ha confermato una maggioranza di centro-destra, problemi e temi come l’immigrazione, la crisi economica e il deficit dell’Unione si fanno sempre più attuali e determinanti per le future scelte elettorali.

La vera forza del connubio attuale tra sinistra, verdi e popolari che guidano Bruxelles è comunque la debolezza altrui: i tanti nazionalismi, le chiusure, le diversità di opinioni in campo conservatore su troppi temi rendono per ora problematica – ma forse solo per ora – una rivoluzione alla testa della Commissione europea, ma certamente l’anno che ci separa dal voto europeo sarà decisamente interessante. La Finlandia è intanto entrata nella Nato (su questa adesione tutti i partiti erano d’accordo) ma senza grande entusiasmo, più che altro come misura di difesa preventiva in caso di qualche altro colpo di testa di Putin e ben sapendo di condividere con la Russia una lunghissima e potenzialmente frontiera terrestre.

 

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