Un no, quello del presidente turco Erdogan all’adesione alla Nato di Svezia e Finlandia, che spariglia le carte e soprattutto mette in difficoltà la stessa Alleanza atlantica. Come stabilito dall’art. 10 del Trattato, perché una nazione possa entrare nella Nato è necessaria l’unanimità di tutti i Paesi che ne sono membri e quindi la Turchia potrebbe bloccare tutto. La principale motivazione data dal presidente turco è che i due Paesi – soprattutto la Svezia – diano ospitalità a membri del Pkk, il partito indipendentista curdo considerato da Ankara terrorista.
È ovvio che Erdogan voglia qualcosa in cambio per un suo sì: “Pensa al proprio interesse nazionale, da tempo la sua ambizione è ottenere un dominio marittimo nel Mediterraneo, per questo si è coinvolto sia in Siria che in Libia. Se la Nato gli concederà qualcosa è facile che dica di sì all’ingresso nell’Alleanza di Svezia e Finlandia” ci ha detto in questa intervista Michela Mercuri, docente di Storia contemporanea dei paesi mediterranei all’Università di Macerata.
Da tempo Erdogan, pur essendo la Turchia membro storico della Nato, fa una sua politica, nella quale, a fasi alterne, si è anche avvicinato alla Russia. Come si può spiegare questo atteggiamento?
Erdogan, come altri attori della Nato, pensa al proprio interesse nazionale e può permetterselo, perché la Turchia ospita molte basi Nato, è un asset importante e per questo l’Alleanza atlantica se lo deve tenere. E lui ne approfitta: fa affari con la Russia e fa pesare la sua posizione geo-strategica, che gli ha permesso di ricattare l’Europa sui migranti. Ricordiamoci che abbiamo pagato per tenerli in Turchia ed evitare che invadessero i nostri Paesi. Strategicamente quindi ha saputo usare la sua posizione pur rimanendo nella Nato.
Sin da subito Erdogan si è posto come intermediario per un accordo tra Russia e Ucraina, ma non sembra abbia ottenuto niente. Il suo ruolo è davvero importante?
Nel contesto attuale è difficile ottenere qualcosa qualunque sia l’intermediario. Sicuramente Erdogan si è proposto per avere maggior peso nel sistema internazionale, creare un tavolo tra Putin e Zelensky per lui sarebbe stato un bel colpo. Non l’ha ottenuto ma resta un mediatore, tanto che il segretario dell’Onu Guterres prima di recarsi da Putin e Zelensky è andato da lui. E questo non è secondario.
Che carte ha in mano per far sì che Putin si sieda a dialogare con Zelensky? E che cosa mira a ottenere in cambio?
Da un lato Erdogan è nella Nato, ma dall’altro ha buoni rapporti con la Russia; la Turchia è uno dei maggiori importatori di gas russo e anche di armi. I rapporti sono sempre stati piuttosto distesi, anche se in contrapposizione in Libia e in Siria: una contrapposizione controllata. Continua a essere un interlocutore corteggiato, anche se personalmente auspico che l’Unione Europea e soprattutto la Francia, che sostiene la necessità di un dialogo con il Cremlino, facciano la loro parte. Per Erdogan è importante la proiezione marittima nel Mar Nero e anche nel Mediterraneo con la creazione di zone economiche esclusive: ha ambizioni egemoniche marittime e vuole sfruttare questa crisi per realizzarle.
Ha posto il no all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato accampando motivazioni piuttosto poco credibili: potrebbe essere una mossa concordata con Putin?
Non credo che Putin sia intervenuto. Ritengo invece che la Turchia abbia deciso autonomamente di sfruttare la sua posizione per ottenere maggior spazio di manovra in teatri come Libia e Siria. E magari per avere i famosi caccia F16 americani la cui vendita è stata bloccata da tempo. Il tema su cui fa leva è uno dei temi più scontati, cioè che la Svezia sostenga i curdi in Siria che lui considera terroristi.
La sua previsione?
Se riuscirà a ottenere quello che chiede, potrebbe anche dire sì all’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato.
I militari del battaglione Azov si sono appellati più volte a Erdogan per chiedergli di mediare con la Russia ed essere evacuati dall’acciaieria Azovstal. Questo significa che l’Ucraina si fida di lui?
È evidente che Erdogan è uno stratega con un piede in Russia, visto che ha detto no alle sanzioni. Con l’altro piede vuole rimanere nella Nato, si è mosso secondo le indicazioni, fornendo droni e altro a Kiev. In qualche modo gli ucraini sono consapevoli del suo peso e si sono rivolti a lui per questo, per chiedergli di mediare a Mariupol.
(Paolo Vites)