Fisco, le partite Iva giudicate “inaffidabili” in base agli indici ISA sono aumentate. Secondo quanto emerge dal censimento, sarebbero soprattutto gli autonomi a fuggire dalle tasse dichiarando meno di quanto guadagnato effettivamente. Il Sole 24 Ore pubblica l’aggiornamento delle pagelle, e sono il 68% quelle che non arrivano a raggiungere la media dell’8. Voto che viene considerato il minimo per la sufficienza di affidabilità.



Gli scostamenti più alti però sono in differenti settori. Il principale è quello delle attività di ristorazione, con una percentuale del 91,2% di differenza tra chi non raggiunge il minimo e chi invece dichiara di essere ampiamente sopra. Poi ci sono negozi di abbigliamento con l’87%, le società immobiliari con il 78,9% e le levanderie a quota di scostamento del 71,7%. L’accordo sugli autonomi però sarà l’obiettivo principale del governo e prevederà di includere le partite Iva che svolgono tali attività nel concordato biennale. In questo modo tutti dovranno siglare l’accordo preventivo sulla dichiarazione del reddito e quindi stabilire prima quante tasse pagare.



Fisco, aumenta “Tax gap” tra indici di affidabilità ISA, concordato preventivo sarà applicato anche agli autonomi

Fisco, il nuovo strumento previsto dal governo del concordato preventivo non escluderà nè gli autonomi nè le partite Iva che sono considerate sotto la media ISA dell’indice di affidabilità. In questo modo si intende recuperare almeno una parte dell’ampio gettito fiscale che risulta non versato a causa di dichiarazioni sul reddito minori di quanto siano realmente. Dagli studi di settore emergono infatti grandi differenze tra chi non rientra nel minimo dell’8 in pagella e chi invece dichiara molto di più.



I settori coinvolti sono moltissimi, circa 175 attività diverse. Il tax gap ampio dimostra la fuga dalle tasse, visto che i gruppi si dividono nettamente tra virtuosi e chi invece non raggiunge neanche la sufficienza e cioè per il fisco è ad alto rischio evasione. Specialmente nel settore del lavoro autonomo, nel quale, in base all’indagine del Ministero dell’Economia, emerge il dato peggiore. Cioè che il 68,8% dei redditi non corrisponde a verità. Si parla di una media di 31 miliardi l’anno sottratti allo stato per Irpef non pagata.