È di questi giorni la diffusione dei dati relativi alla misura della pressione fiscale in Italia e negli altri Paesi a economia più forte. L’indicatore misura la relazione, in un dato arco temporale, tra l’ammontare del prelievo fiscale (sottoforma di imposte, tasse e tributi) operato dallo Stato e dagli altri enti pubblici per il finanziamento della spesa pubblica e il reddito nazionale prodotto. Come tuti gli indici si presta a valutazioni o interpretazioni differenti e contrastanti. Va detto che normalmente la misura del Pil presa a base del calcolo non tiene conto del sommerso e dell’economia illegale e del pari non si tiene conto dell’evasione fiscale. Questa asimmetria fa sì che la pressione fiscale legale (misurata rispetto ai contribuenti fedeli al sistema fiscale) sia maggiore di quella percepita che tiene conto anche dell’economia sommersa e/o criminale.
È evidente, dunque, che la rilevazione della pressione fiscale, per come avviene, da sola non consente un’analisi oggettiva. Si può dire, infatti, che se tutti pagassero le tasse il dato sarebbe qualitativamente migliore, ma è altrettanto vero che il dato è ancora più crudo, forse lo sarebbe ancor di più in assenza di evasione, se visto in relazione ai servizi erogati dalla Pubblica amministrazione.
Il tema dell’evasione fiscale, dunque, è senz’altro centrale e in un mercato comune può essere affrontato solo con l’armonizzazione dei sistemi fiscali europei che invece autorizzano arbitraggi fiscali tra Stati. È un tema solo nazionale, invece, quello della qualità della spesa pubblica e l’inefficienza crescente dei sevizi pubblici. Esempi in questo senso sono il trasporto pubblico che vede in crisi ormai anche l’alta velocità ferroviaria per anni eccellenza del trasporto pubblico italiano. Oggi, invece, è sempre più caratterizzata da ritardi e interruzioni del servizio causati dalla assenza di manutenzione sia per quanto attiene alla rete ferroviaria che al materiale rotabile. Che dire poi della sanità pubblica. Senza dubbio è ancora in grado di affrontare, seppur sempre con più affanno, le emergenze (incidenti stradali, malori improvvisi, ecc.). È invece sempre meno in grado di fronteggiare, con profonda disuguaglianza territoriale, la prevenzione e la gestione delle malattie croniche. Da decenni il sistema sanitario è stato caratterizzato da un forte delega ai privati determinando con ciò un incremento dei costi figlio della forte frammentazione che determina duplicazione di costi amministrativi, di gestione, ecc. Se la sanità è un aspetto macro della spesa pubblica, la conferma dell’inefficienza la si trova anche a livello micro. Un esempio è costituito dalle esperienze che si possono fare per ottenere il rilascio del passaporto. Ci vogliono mesi per averlo, data la mancanza di materia prima ovvero, più semplicemente, del supporto cartaceo sul quale vanno inseriti i dati personali.
In sintesi, dunque, il dibattito politico e l’azione politica confermano i loro limiti. Da un lato, si è concentrati a dare rilevo all’evasione fiscale da combattere senza quartiere, ma a oggi senza risultati se è vero che la stessa da decenni è misurata un range che va dai 90 ai 100 miliardi di euro. Dall’altro, nessuno, vista l’ampiezza del bacino elettorale, è interessato ad affrontare l’inefficienza della spesa pubblica. I cittadini sono assuefatti alle inefficienze tanto da considerare i ritardi e l’inefficienza oramai la regola. Anche le aziende si stanno abituando e per loro le inefficienze sono ancora più gravi perché determinano ritardi produttivi, ritardi nelle aperture delle aziende, ecc. e ciò incide sulla creazione del Pil.
L’istituzione della Zes unica può essere assunto quale parametro esemplificativo della navigazione a vista. Al di là del messaggio a forte impatto per cui gli incentivi previsti sarebbero oggi possibili su un’area più vasta rispetto a quelle inizialmente previste, altro non traspare. Coloro che dal prossimo anno dovranno rilasciare le autorizzazioni su un’area molto più vasta, perimetrata dalla Zes unica, sono gli stessi che oggi non sono in grado di farlo a livello del singolo comune. Oggettivamente, quindi, tutto da verificare come si declinerà il successo della nuova proposta.
A voler concludere si può sintetizzare evidenziando che manca una visione di prospettiva capace di agire sui due parametri posti alla base del calcolo della pressione fiscale. Interessante è la proposta di tassazione delle imprese che rientrano in Italia. La visione sarebbe più forte e coraggiosa se riguardasse l’intera Europa. Assente, invece, ogni intervento volto a ridurre le inefficienze della Pubblica amministrazione. Una per tutte è senza dubbio la spesa dei fondi del Pnrr. La principale accusa si concentra sul dito ovvero sull’incapacità di spendere. Del tutto trascurata è la luna, ovvero la visione della qualità della spesa pubblica che viene proposta. Con ogni probabilità nei prossimi anni riceveremo uno stimolo a essere in forma visto il proliferare di progetti che riguardano micro impianti sportivi da fare ex novo o da rifare. D’altronde questi sono risultati immediatamente spendibili dalla politica locale in occasione delle tornate elettorali, mentre è tutta verificare è l’incidenza che questi interventi avranno sul Pil.
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