Introdurre delle politiche familiari diviene sempre più urgente a fronte del continuo declino demografico (attualmente 1,24 figli per donna). Ma da dove partire? Da una parte servono sì dei provvedimenti strutturati anziché dei bonus, ed è questo l’intento alla base della proposta del ministro dell’Economia di qualche settimana fa; allo stesso tempo, però, si possono dare delle risposte già nel breve termine, alcune delle quali sono state tentate dal Governo.
Serve innanzitutto individuare quali sono i punti critici, oggi, per una famiglia, entrando nei problemi concreti: per politiche familiari si intende, infatti, agevolare la famiglia nell’educazione e nel sostentamento dei figli, investendo quindi sulle prossime generazioni. Alcuni di questi problemi sono relativi, ad esempio, alle spese per i prodotti per l’infanzia come gli alimenti, i pannolini, ecc., cioè alcune delle spese necessarie per una famiglia con figli. Su alcuni beni è stata ridotta l’Iva nella Legge di bilancio 2023 dal 22% (o dal 10% nel caso dei pannolini) al 5%. Sono costi che una famiglia deve sostenere per un periodo non breve, basti pensare che «il costo di un figlio durante il primo anno di vita va da 7.065,07 € fino a un massimo di 17.030,33 €». Tenendo poi presente l’aumento dei prezzi si osserva come «per latte e pappe le famiglie spendono tra il 5 e il 7% in più rispetto allo scorso anno. Per un passeggino fino al 27% in più, per una culla fino al 14%. Anche il costo dei pannolini è lievitato: la spesa annua nel 2023 oscillerà tra i 547,50 e i 1.277,80 €» (cfr. Il Corriere della Sera). Nel dettaglio i pannolini hanno avuto un aumento del prezzo del 13,6% mentre i prodotti alimentari per i neonati sono aumentati dell’11,4% e i passeggini del 30,4% (cfr. Il Sole 24 Ore).
Questi tagli fiscali sono importanti e generano una diminuzione dei prezzi, più contenuta rispetto alle attese, ma rimangono non sufficienti: per i pannolini «il calo dell’Iva è pari a un risparmio di 0,01 centesimi a pannolino, per una confezione da 50 pezzi si tratta di 0,52 centesimi in meno. Stimando una media di 4 pannolini taglia 4 al giorno, si risparmiano circa 15 € all’anno in seguito al calo dei prezzi coerente al taglio dell’Iva» (cfr. altroconsumo.it). Un taglio macroeconomico importante, che genera un effetto risparmio microeconomico piccolo.
Sul potere d’acquisto delle famiglie c’è anche da considerare l’inflazione: da un lato questo potere viene ridotto, mentre dall’altro i costi di produzione diventano più alti, provocando a loro volta un aumento dei prezzi. Ma quanto può incidere l’inflazione sulle spese familiari? L’inflazione attuale (+7,6% su base annua calcolata a maggio 2023) si traduce in circa 2.400 € di spese in più per una famiglia con due figli, con un aumento importante causato dal prezzo dei beni alimentari, arrivando a 2.700 € per le famiglie numerose, nonostante l’aumento principale sia da imputare al prezzo dei beni energetici non regolamentati (del 7,8% ad aprile, mentre a maggio sembra esserci una lieve diminuzione, cfr. Forbes e Istat).
Si può qui comprendere, quindi, quanto il tema dell’inflazione sia reale e incida pesantemente sulle famiglie con figli o sulle giovani coppie che desiderano averne, in particolar modo incide su quelle con redditi più bassi. Una soluzione che le favorisca, privilegiandole, è la proposta del Ministro Giorgetti di ridurre il carico fiscale a seconda del numero di figli, così da lasciare più disponibilità economica in capo alle famiglie togliendole dalle fragilità dovute alle variazioni dei prezzi.
Altro argomento concreto per le famiglie è il taglio del cuneo, la cui attuazione è sempre molto delicata: da un lato il cuneo fiscale è prigioniero dell’enorme debito italiano (2.790 miliardi con un rapporto debito/Pil pari al 142,9%, cfr. Confindustria), quindi difficilmente riducibile senza trovare entrate fiscali alternative, dall’altro è un freno agli investimenti sul mercato del lavoro. Va ricordato che, rispetto alla media Ocse del 34,6% (2022), il cuneo italiano è pari al 45,9%, con una differenza percentuale di 11,4 punti. Il Governo Draghi l’ha tagliato del 2% insieme ad altre misure, per un alleggerimento fiscale complessivo di 15-16 miliardi, mentre il Governo Meloni ha potuto rinnovare e allargare il taglio (per nove mesi) di altri 4 punti percentuali: a fine anno, però, andranno trovate le risorse per rendere tale taglio strutturale.
La domanda è ovviamente quanto questo taglio, insieme alla riduzione dell’Iva analizzata, potrà incidere sull’economia reale e quanto invece verrà bruciato dall’inflazione.
Alla luce di quest’analisi è forse più chiaro quali siano alcune difficoltà concrete delle famiglie. Ma si può contrastare l’inverno demografico intervenendo solo economicamente? Certo che no, è un problema che riguarda più aspetti (servizi, mercato del lavoro ecc., senza dimenticare anche l’aspetto culturale), ma rimuovere alcuni degli ostacoli delle giovani coppie tramite soluzioni nell’immediato (come il taglio dell’Iva) inserite in politiche familiari più strutturate è la strada più ragionevole per un’inversione di marcia.
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