La riforma del fisco, il ponte sullo Stretto di Messina, l’autonomia differenziata, la ristrutturazione del ministero dell’Economia. Quattro temi che sono altrettanti pezzi da novanta per il governo Meloni, inseriti tutti nello stesso disegno di legge approvato ieri dal Consiglio dei ministri. È la risposta del governo alle polemiche delle ultime settimane e all’offensiva della nuova segretaria del Pd.



Ognuno di quei temi avrebbe potuto tranquillamente avere un proprio testo di legge e un rilievo autonomo: messi assieme mostrano, almeno nelle intenzioni, che l’esecutivo si considera in grado di reggere la sfida. Vero che il provvedimento è una legge delega, e quindi contiene soltanto la cornice delle riforme: per vedere come cambieranno davvero le cose bisognerà aspettare due anni, il tempo previsto dalla norma per varare i decreti delegati e le relative coperture. È un impegno enorme, ma in questo modo il governo mostra di avere la forza per andare avanti.



La delega fiscale prevede una nuova Irpef con tre sole aliquote invece che quattro, Iva azzerata sui beni di prima necessità e sanzioni ridotte per i contribuenti che dimostreranno di essere stati impossibilitati a pagare e per le imprese che collaborano. Alle imprese sarà gradualmente eliminata l’Irap con una riduzione contestuale dell’aliquota Ires per chi investe o assume. L’obiettivo finale resta l’introduzione della flat tax per tutti i contribuenti. Il testo varato dal governo parla anche di “concordato preventivo biennale”, cosa che le opposizioni traducono come un condono mascherato, anche se l’esecutivo lo presenta come una nuova forma di lotta all’evasione, che diventa “preventiva e non più repressiva”.



Anche il governo Draghi cercò di approvare una delega fiscale, tentativo poi naufragato per i dissidi interni alla maggioranza di allora. Sarà interessante verificare se Giorgia Meloni avrà sorte migliore. Di certo, questa riforma del fisco non contiene la riforma del catasto che era stato uno dei punti più controversi del provvedimento targato Draghi: vista la severità dell’Ue sulle nuove case “green”, sarebbe stato un bagno di sangue per i proprietari immobiliari, piccoli e grandi.

Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, ha parlato di “giornata storica” per il rilancio del ponte sullo Stretto, avviato dall’ultimo governo Berlusconi e fermato da Mario Monti nel 2012. Anche se con la dicitura precauzionale “salvo intese”, molto popolare ai tempi dei due esecutivi presieduti da Giuseppe Conte, si riprende il progetto di 11 anni fa, quello a campata unica di 3,2 chilometri: un’impresa ingegneristica unica al mondo. I lavori dovrebbero cominciare già entro il 2024.

Il governo ha anche dato il via libera al disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata: altra riforma strutturale. Infine, è in vista la riorganizzazione del Mef con l’istituzione del Dipartimento dell’Economia, che avrà competenze “in materia di interventi finanziari in economia, partecipazioni societarie dello Stato e valorizzazione del patrimonio pubblico”. È una sorta di ritorno alle partecipazioni statali, ma è anche la conferma del fatto che l’esecutivo di Giorgia Meloni vuole incidere sull’attività economica e rendere più profittevoli i beni dello Stato e le aziende partecipate.

Dal mondo produttivo è arrivata un’apertura di credito, mentre i sindacati hanno subito alzato le barricate: una mossa prevedibile, vista l’ostilità preconcetta delle confederazioni verso il governo di destra-centro. Più pragmatico l’approccio degli industriali. Del resto, la delega non è un decreto ma un disegno di legge che dev’essere vagliato dal Parlamento. Le misure dettagliate ancora non ci sono. Ma c’è il tempo e la possibilità di intervenire per correggere.

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