IL MONITO DI MONS. FISICHELLA SULL’EVANGELIZZAZIONE
L’evangelizzazione del cristianesimo può avvenire ancora oggi nell’Occidente secolarizzato solo richiamando alla semplicità del Vangelo: lo ha spiegato il pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, nonché Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, l’arcivescovo Rino Fisichella. Il responsabile dell’organizzazione del Giubileo 2025 è intervenuto alla conferenza su “Evangelizzazione e vocazione” che si è svolta al collegio di San Patrizio a Maynooth, in Irlanda: secondo quanto riportato da Vatican News, Mons. Fisichella ha insistito sull’urgenza di “ripensare” modalità e ruolo dell’evangelizzazione cristiana.
«La Chiesa non evangelizza perché è posta dinanzi alla grande sfida della secolarizzazione, ma perché deve essere obbediente al comando del Signore di portare il suo Vangelo a ogni creatura. In questo semplice pensiero si condensa il progetto per i prossimi decenni che dovranno trovarci in grado di comprendere a pieno la responsabilità che incombe sulla Chiesa di Cristo in questo particolare frangente storico», ha sottolineato nel suo intervento l’arcivescovo responsabile del Dicastero per l’evangelizzazione. Un tema cardine del cristianesimo fin dalle origini è la concezione di essere pienamente inserito nella storia: la Chiesa in questo, spiega il presule, «non può essere efficace nella sua opera di evangelizzazione se dimentica come entrare nella cultura, e come creare storia».
ARCIVESCOVO RINO FISICHELLA: “WEB OPPORTUNITÀ DI DIALOGO MA NON SOSTITUISCA A CAMMINO PERSONE”
Pensare dunque oggi all’evangelizzazione, continua Mons. Fisichella, «come se non esistesse l’esigenza dell’inculturazione non è una strada che può essere percorsa». Davanti al collegio irlandese l’inviato di Papa Francesco – ma già stretto collaboratore di Benedetto XVI – ricorda della necessità di avere “coraggio” quando si testimonia il Vangelo di Gesù: «non si può dimenticare da una parte, l’esigenza di trasmettere ciò che sempre da tutti e in ogni luogo è stato creduto e dall’altra quella di comprendere la nuova cultura che si affaccia e che determinerà i prossimi secoli: la cultura digitale». Secondo l’arcivescovo Rino Fisichella internet ad oggi rappresenta una grande opportunità di dialogo, incontro e scambio di persone oltre che primaria fonte di conoscenza e accesso all’informazione: eppure la vera domanda è un’altra, «non è tanto come utilizzare le nuove tecnologie per evangelizzare, ma come diventare una presenza evangelizzatrice nel continente digitale».
L’utilizzo degli strumenti digitali per l’evangelizzazione è sì importante ma non può essere l’unico secondo Mons. Fisichella: non si può prescindere infatti dall’incontro interpersonale, «Contrariamente saremo dinanzi a una virtualizzazione dell’evangelizzazione che viene ad accostarsi ad altri mondi virtuali sperimentati, con il rischio reale, tuttavia, di un’evangelizzazione debole e inefficace». Al primo posto per chiunque testimoni il Vangelo vi è il Vangelo stesso, ovvero l’incontro con il Signore: «la nostra chiamata personale e la testimonianza degli effetti che questo ha avuto su di noi e la vocazione alla missione, che è un elemento intrinseco al cristianesimo e, nello stesso tempo, diventa criterio di giudizio sull’efficacia della pastorale». Proprio nello stare di fronte a Cristo non “ammette” alcuna neutralità: «Non si può rimanere gli stessi davanti alla meraviglia e allo stupore per il suo incontro. Solo con questa constatazione si può avere l’autorità per annunciare la “buona novella”, ovvero la “bella notizia”». Fisichella sottolinea più volte il termine “notizia” perché è fondamentale per l’evangelizzazione di oggi: «significa, anzitutto, comunicazione di un fatto. Non siamo posti, infatti, dinanzi a un insegnamento, né a un’esortazione spirituale e tanto meno a una teoria per migliorare la società; no. Il riferimento alla ‘notizia’ è per sottolineare la verità sottostante: è un evento, un fatto che coinvolge chi ascolta e gli chiede di prendere posizione». In un mondo come quello di oggi così “geloso” della propria autonomia e “libertà” da qualsivoglia dipendenza, conclude Mons. Fisichella, «il sacerdote mostra che non vi è contrasto alcuno tra autonomia e abbandono di sé nella sequela. La sua vita mostra che niente della sua umanità viene tolto nel momento in cui sceglie di seguire la chiamata al sacerdozio, e molto gli viene concesso […] In questo, conclude il presule, c’è l’audacia Dio, nel dover affidare tutto se stesso a un uomo comune, mettendo nelle mani di un sacerdote il suo corpo e la sua parola perché sia nutrimento e sostegno per la vita di quanti si avvicinano».