Lo avevamo scritto lo scorso 8 giugno, ora però abbiamo il ‘conforto’ di non essere soli: già su “Tempi” Caterina Giojelli aveva colto l’assurda e aberrante ‘guerra’ alla lingua italiana lanciata da Michela Murgia con lo sdoganamento dello ‘schwa’, ovvero quel elemento fonetico “ə” che servirebbe a non compiere alcuna discriminazione di genere nella lingua parlata e scritta. Ora però anche Aldo Grasso sul “Corriere della Sera” nota la quantomeno bislacca volontà della scrittrice sarda di modificare a fondo la lingua italiana inserendo delle troncature per rendere il tutto più ‘inclusivo’ e politicamente corretto.
Il commentatore e critico tv parte nella sua analisi dalla giornalista Flavia Fratello che nella rassegna stampa su Radio Radicale di giugno scorso provava a leggere alcuni frammenti dell’articolo di Michela Murgia, facendo però evidente fatica e imbarazzo nel non riuscire a dare la giusta intonazione all’anomalo suono dello “schwa”. «Non è semplicissimo leggere il pezzo di Murgia perché a un certo punto Murgia comincia a fare largo utilizzo della “schwa”, quel segno grafico che ci è stato spiegato dovrebbe essere letto come una troncatura della parola, che però dà un’intonazione a metà tra il calabrese e il campano che rende devo dire veramente un po’ complicata la lettura», sottolinea tra l’irritato e il convinto la cronista di La7.
LA FOLLIA DEL CONSENSO “INCLUSIVO”
In un’epoca in cui tutto deve essere ad ogni costo “inclusivo” – fino alle recenti ‘vette’ di considerare il Governo dittatoriale dei talebani in Afghanistan un esecutivo che mira all’inclusività – Aldo Grasso si diverte a riascoltare l’ottima Fratello nella sua analisi sul pezzo di Murgia (che scriveva in merito al suicidio del ragazzo Seid Visin avvenuto ad inizio estate). «Io faccio veramente fatica a leggere questo pezzo…», spiega ancora Flavia Fratello su Radio Radicale, come si può ben riascoltare nel video pubblicato qui sotto. «Ha un suono tra il calabrese e il campano, secondo il mio orecchio… è davvero un suono gutturale molto strano […] Lo Schwa rende davvero improbabile tutto ciò…». Murgia aveva parlato di Seid Visin ma insieme aveva attaccato la destra italiana complice del “fascismo” imperante moderno, dando patentini di anti-razzismo e anti-discriminazione a destra a e manca: «Se sei nerə, sei un parassita da mantenere, ma se ti mantieni da solə, stai rubando le opportunità a un italianə. Se ricevi asilo devi ringraziare l’Italia che ti ha offerto un’occasione, ma se vieni respintə è perché comunque finiresti nelle mani dello sfruttamento o della criminalità. Noi ti facciamo un favore anche quando ti cacciamo. Noi bianchə che concediamo, generosə o prudenti. Noi bianchə, così tanto migliori di te», così scriveva Michela Murgia solo qualche mese fa. Ebbene – così come noi all’epoca – ora anche Grasso non si ‘contiene’ e sentenzia sul CorSera: «La ‘schwa’, infatti, non si trova nella tastiera del computer né rientra nei suoni dell’italiano, è un artificio. E come tale sarà sottoposto alla dura legge dell’uso. Sono tempi in cui anche la scrittura s’affanna per assecondare la nuova sensibilità collettiva dell’inclusività e il consenso del ridicolo. La lingua batte, dove il Dante duole». Chapeau Aldo.