«Il problema non è che la Costituzione è inattuale, ma che è inattuata»: è caustico il giudizio di Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale, intervenuto lo scorso 9 dicembre al 70° Congresso di studio dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani dal titolo “Gli ultimi. La tutela giuridica dei soggetti deboli”. La prima parte del dialogo tra Flick e il giudice della Corte Costituzionale (nonché tra i “papabili” al Qurinale) Giuliano Amato è stato pubblicata integralmente da il quotidiano “Il Dubbio”, rilevando i vari passaggi sulla centralità della Carta nella vita politica di oggi così frammentata e senza apparentemente una meta.
«Il problema allora non è se la Costituzione è attuale; è che la Costituzione non è attuata. Una cosa molto diversa e forse più preoccupante», giudica il presidente emerito della Consulta, «Sono sempre più convinto che l’accusa di inattualità cerchi di nascondere l’alibi della mancata attuazione della Costituzione da parte di tutti noi, politici, economisti, uomini di cultura e giuristi in prima fila». Secondo il presidente Flick, ad oggi, i problemi non possono che moltiplicarsi all’orizzonte: «Non abbiamo però avvertito un altro rischio altrettanto forte e altrettanto grave; per continuare ad usare i riferimenti della Bibbia è il problema della torre di Babele. Per valutare l’entità di quel rischio è sufficiente ricordare il percorso rapido, sconvolgente e incredibile, dalla informazione all’informatica; o tener presente il fatto che mentre prima era il diritto a creare il linguaggio, ora al contrario è il nuovo linguaggio digitale a creare il diritto; o valutare la frattura che si sta creando con il digital divide».
IL PROBLEMA E IL FUTURO DELLA COSTITUZIONE
Per Flick la “torre di babele” rischia di portare un linguaggio criptico e per pochi eletti frutto della «digitalizzazione inevitabile – pur con tutti i vantaggi enormi che essa ci ha dato nel presente e ci ha promesso per il futuro». Il problema messo in luce dal dialogo tra Flick e Amato parte sì dalla Costituzione ma inevitabilmente sfocia nella vera sfida del prossimo futuro. «C’è chi pensa al post-umano, cioè ad un dialogo tra l’uomo e la macchina in cui non sarà più l’uomo a governare la macchina, ma rischiamo che sia la macchina con la sua capacità a governare l’uomo. È una provocazione vivere in un mondo nel quale Facebook mi dice chi sono, Google mi dice cosa penso, Amazon mi dice cosa voglio», prosegue il presidente emerito, elencando i vari problemi nel nostro sistema giuridico-democratico, pur avendo un testo costituzionale di assoluto valore. Prima del Covid già le avvisaglie erano state moltissime, prosegue Flick: «La città non è più quella indicata dalla Costituzione come formazione sociale ove si svolge la personalità dell’uomo attraverso il rispetto dei diritti inviolabili e dei doveri inderogabili. È piuttosto una realtà di convivenza in nome del commercio, del profitto e/o della sicurezza (spesso illusoria); o di convivenza in nome del potere, della burocrazia, del conflitto di competenze». Con l’emergenza Covid il “nodo” dell’algoritmo e dell’essere dominati da parametri scientifico-generali si è fatto molto più stringente: «vedo con qualche perplessità e preoccupazione il valore mitico attribuito alla digitalizzazione nella progettazione del piano del recovering in vista degli aiuti finanziari europei. Ci illudiamo veramente che le risorse della digitalizzazione – che pure è assolutamente necessaria – saranno sufficienti a risolvere i problemi della giustizia?».