Secondo Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, il caso Palamara non mette a nudo solo le mancanze dei magistrati ma pure quelle della politica: lo scandalo delle correnti vede in questi giorni successivi all’espulsione di Luca Palamara dall’Anm (dove l’imputato della Procura di Perugia compie nomi e svela retroscena sul “sistema Csm) un’autentica bufera sull’asse politica-magistratura che per Flick non fa per niente bene all’intero sistema Paese. Nell’odierna intervista a “Il Dubbio” il costituzionalista spiega «Difficile comprendere come possano esistere due valutazioni così distanti. Da una parte il presidente della Repubblica è convinto che la cosi ampia diffusione di comportamenti scorretti nella magistratura rappresenti un problema, un pregiudizio gravissimo alla credibilità dell’ordine giudiziario.
Dall’altra l’ex presidente dell’Anm appena espulso che vede in quelle condotte diffuse e generalizzate addirittura un’attenuante»; secondo Flick non ci sarebbe bisogno di ulteriore “materiale” per capire quanto oggi si è lontani dal rimettere il sistema a posto, pure dopo una mai arrivata ancora riforma Csm. «Strumenti che servono a evitare un distacco tra la corporazione e la realtà. Mi riferisco in particolare al codice deontologico. Non è un orpello, dovrebbe trattarsi anzi del parametro a cui riportare le valutazioni sul merito di chi aspira a incarichi direttivi. A me non sembra che il luogo in cui la corporazione dei magistrati realizza l’autogoverno, il Csm appunto, abbia tenuto nella necessaria considerazione l’importanza della deontologia, del codice che la definisce», attacca ancora Flick nella bella intervista del quotidiano diretto da Carlo Fusi.
FLICK “L’INCOSISTENZA DELLA POLITICA”
L’espulsione di Palamara dall’Anm rappresentante un improvviso colpo di coda del codice deontologico applicato al magistrato che avrebbe tramato su nomine e correnti per mesi: «Non le pare un po’ tardi?» si chiede ancora polemicamente Flick rispondendo alle diverse domande sullo scandalo Csm. Eppure dietro alle mancanze ed errori gravi di alcuni magistrati, per il presidente emerito della Consulta vi è una “colpa” ben più imponente della politica: «Il magistrato dovrebbe occuparsi di accertare le responsabilità individuali. In tempo di covid lo abbiamo visto occuparsi di politica sanitaria, per esempio a Bergamo. Perché? Proprio per la inconsistenza della politica».
Secondo Flick oggi il magistrato è divenuto, suo malgrado, l’unico vero «custode di valori essenziali per il sistema democratico che la politica ha bellamente smesso di preservare». Per il giurista l’autonomia sacrosanta dei magistrati dalle correnti e dalla politica andava custodita con il forte rigore della deontologia: «Ce ne si è dimenticati a tal punto che il codice deontologico del 1946 è stato aggiornato solo nel 2010, senza mai funzionare davvero. L’espulsione dell’ex presidente Anm è quasi un inedito, appunto. Davvero troppo tardi». Per questi motivi, conclude Flick, la giustizia “vera” non è affatto «sposare le tesi del tecnicismo esasperato né, al contrario, quella del politicismo dichiarato», bensì «seguire la stella polare dell’equilibrio».