RISCHIO TERREMOTO NEL M5S (MA FORSE NON ORA): GIUSEPPE CONTE IN “FASE DI RIFLESSIONE” DOPO IL KO PESANTE ALLE EUROPEE 2024
I numeri sono impietosi: da possibile “derby” per stabilire chi fosse il leader della sinistra in Italia a raggiunto, quasi pareggiato, da Lega e Forza Italia: il M5s di Giuseppe Conte vive ore di massima tensione dopo i risultati pessimi (per non dire catastrofici) delle Elezioni Europee 2024. Se si è sempre (a ragione) considerate le Elezioni locali come un difficile banco di prova per un partito dalle aspirazioni nazionali, il ko tecnico dettato dal 9,98% complessivo raccolto dal Movimento 5 Stelle, pone il leader e capo politico in forti difficoltà interne per aver perso circa 2 milioni di voti in pochi mesi.
«Prendiamo atto dei risultati, sicuramente molto deludenti. La valutazione dei cittadini è insindacabile e avvieremo una riflessione interna»: così nella brevissima conferenza stampa di commento ai risultati delle Europee 2024 appena ieri. Oggi pomeriggio si è tenuto un primo colloquio informale e privato tra Conte e i parlamentari del M5s nel Transatlantico, con l’aria non esattamente entusiasta dopo essere andati sotto il 10% (col Pd al 24%) e aver eletto solo 8 europarlamentari nella prossima Eurocamera. Alcuni addirittura parlano di possibili dimissioni di Giuseppe Conte e pure il giornale storicamente più “vicino” al leader M5s, “Il Fatto Quotidiano”, oggi non risparmia critiche forti all’ex Presidente del Consiglio per aver perso così malamente le Elezioni Europee 2024.
DA GRILLO A CASALEGGIO E APPENDINO: GLI “SPAURACCHI” PER CONTE NEL FUTURO M5S
«Nessun passo indietro da leader», è quanto filtra secondo l’Adnkronos dai dirigenti 5Stelle: Conte non avrebbe intenzioni di portare a dimissioni il suo ruolo da capo politico del M5s, ma giocoforza qualcosa dovrà cambiare nell’immediato per impedire che il Pd di Schlein – e addirittura l’AVS di Fratoianni, Bonelli e Salis – possano “cannibalizzare” i voti in dote ancora al Movimento 5Stelle. Per questo motivo si parla con insistenza dell’abolizione del tetto ai 2 mandati, storica bandiera del M5s che fu e che ora potrebbe essere accantonata per permettere il ritorno da eleggibili dei volti storici pentastellati.
Già in passato Conte avrebbe voluto eliminare quel “tabù”, salvo scontrarsi a più riprese con Beppe Grillo il quale ebbe la meglio mantenendo il vincolo a ridosso dalle Elezioni Politiche 2022. Già, l’Elevato e fondatore, nonché Garante del Movimento: da più parti viene ribadito come l’intento di Grillo sia quello di sostituire Conte con una leader donna, anche prima dei risultati pessimi delle Europee 2024. Per fronteggiare la corsa alle prossime Elezioni di Giorgia Meloni e Elly Schlein, Grillo spingerebbe per una donna M5s in grado di recuperare il gap anche in “immagine” del partito: i nomi che circolano però sono sempre quelli, ovvero Virginia Raggi (troppo “ai margini” però ultimamente, e vicina all’ex grillino Di Battista) e Chiara Appendino, il vero “spauracchio” politico di Conte in quanto stimata all’interno del Movimento e con ambizioni nazionali – sentenza della Corte di Cassazione sul caso Piazza San Carlo permettendo.
«È un risultato disastroso. Quando prendemmo il 21% alle europee del 2014 Grillo si prese il Maalox. Adesso Macron con un 15% chiama le elezioni. Sicuramente servirà una decisione importante»: così ha parlato il figlio del fondatore M5s, Davide Casaleggio, da tempo ormai in aperto scontro con Conte e Grillo. Secondo il responsabile della Piattaforma Rousseau, il leader M5s dovrebbe arrivare subito a dimissioni e non solo per i risultati delle Europee: «Si è voluto trasformare un movimento di milioni di persone in un partito unipersonale, cambiando una regola alla volta e pensando di poter fare meglio. A ogni regola che è venuta meno si sono persi voti: alle politiche 6 milioni, qui altri 2 milioni. Credo sia necessario un po’ rivedere le cose». Conte vorrebbe ipotizzare anche un azzardo con un nuovo voto online sugli iscritti per ottenere la fiducia della base, un’arma però a doppio taglio in un momento molto delicato che coinvolge il consenso elettorale ma anche la leadership interna al campo largo, con Schlein che ieri ha ribadito di voler costruire con il M5s una coalizione progressista anti-Meloni.