“I Paesi dove c’è lo ius soli tendono a essere più sviluppati di quelli che hanno altre regole”. Lo ha scritto il Fondo Monetario Nazionale nel documento del 2019 ‘Does an inclusive citizenship law promote economic development?’, dove spiega come in un Paese con un largo flusso di immigrazione, sia meglio avere un regime di ius soli, perché determina ricchezza e sviluppo. “L’inclusione facilitata da opportune leggi di cittadinanza – scrive il Fmi – è un motore di crescita economica e un fattore per spiegare perché alcuni Paesi sono più ricchi di altri”.



“Distinguendo in modo netto i cittadini di un Paese da tutti gli altri, la legge crea degli ‘in’ e degli ‘out’ con forti tensioni sociali. Viceversa, le norme dovrebbero facilitare l’integrazione predisponendo un semplice e trasparente percorso per la cittadinanza che crei un terreno di uguali opportunità per i nuovi arrivati”, spiega il documento del Fmi disponibile sul sito www.imf.org.



Fondo monetario internazionale: “Non avere Ius soli crea conflitti”

Il Fondo monetario internazionale spiega che per un Paese è meglio avere lo ius soli perché “se la legge esclude certi cittadini può in casi estremi portare a seri conflitti e danneggiare lo sviluppo economico. Norme inclusive sono un prezioso strumento di crescita, con profonde conseguenze per il mercato del lavoro, i programmi di welfare e le istituzioni stesse”. A differenza dello ius soli, lo ius sanguinis, “è più etnocentrico e per definizione meno inclusivo”.

Secondo i dati, tra il 1970 e il 2014 i redditi pro capite dei Paesi con lo ius soli sono stati dell’80% più alti che in tutti gli altri. Questo ha creato un legame tra l’individuo e lo Stato attribuendogli un’identità precisa e legale, da affiancare alla loro identità etnica basata sui legami con la terra d’origine.