Si cercherà in questa analisi di fare luce ravvicinata sul fenomeno inflattivo che induce tanti in errori anche pacchiani, scusabili per i non addetti ai lavori, non scusabili per chi dovrebbe avere conoscenza della materia.

Partiamo dalle basi e iniziamo col dire che il fenomeno inflattivo è caratterizzato da due dinamiche e cioè l’incremento percentuale del livello medio complessivo dei prezzi dei beni conteggiati e il livello assoluto degli stessi; i due aspetti generano confusioni e complicazioni che vanno illustrate. Ma qui va detto subito che questo intervento si giustifica a motivo di analisi che mostrerebbero che mentre il prezzo del petrolio sale o è salito in Europa in questi due tre mesi passati, l’inflazione scendeva e che pertanto non ci fosse correlazione positiva tra i due fenomeni. Nulla di più fuorviante ed erroneo in tali esternazioni!



Diciamolo subito con molta chiarezza e precisione che l’innalzamento del prezzo del petrolio porta sempre all’innalzamento dell’inflazione complessiva perché il petrolio nell’attuale società dei consumi è a monte di porzioni considerevoli dell’utilizzo di energia nei processi industriali e nella quasi totalità dei trasporti di ogni tipo; dato poi il fatto di appartenere alla famiglia dei combustibili fossili intercambiabili in molti utilizzi, sue variazioni di prezzo influiscono più o meno in maniera lineare sui prezzi di gas e carbone, dove va sottolineato che questo è un quadro di insieme anche abbastanza grezzo per tante specificità dei mercati.



Pertanto, arriviamo al dunque di constatare che l’inflazione dell’Eurozona dai valori di marzo- aprile intorno al 9-10% si attesta con gli ultimi dati di settembre al 5,5% alto circa, mentre da inizi luglio si è assistito all’innalzamento lento e costante del prezzo del petrolio, indifferentemente qualità Brent o Wti, di circa 22 dollari in media fino al 20 di settembre, quindi di fatto tre mesi.

Analisi superficiali hanno subito evidenziato che l’inflazione in discesa in questi tre ultimi mesi e il prezzo del greggio in ascesa mostravano chiaramente che il petrolio non avesse causa nel prosieguo dell’inflazione. Purtroppo, i qui pro quo degli pseudo esperti sono ridicoli per chi è addentro alla materia inflattiva mentre tendono a divenire pericolosi per chi non lo è della materia. Spieghiamo dunque l’apparente arcano.



Quando nel 2019 si aveva un livello assoluto medio del prezzo del barile del petrolio, Brent e Wti, intorno ai 50 dollari, bastava giungere ai 67-68 dollari per innescare nel corso dei 7-8 mesi successivi inflazioni fino al 5%, dato infatti che le percentuali indicano variazioni dei prezzi. Ora avendosi che sono ormai due anni che il petrolio non scende più sotto i 68 dollari medi al barile, per aversi incrementi inflattivi fino al 5% circa il petrolio deve attestarsi in media per i 7-8 mesi successivi a valori medi di 85-86 dollari al barile.

E questo descritto sopra è proprio quello che è accaduto da luglio finora, e cioè che col petrolio salito da 68 dollari al barile agli attuali 90 medi, l’inflazione ha avuto una maggiorazione in area del 5% circa; questo aspetto però fondamentale ha agito in compresenza di un tasso inflattivo in altre categorie merceologiche che andava in discesa dal 10% al 6% circa. Tutto questo ha generato questa illusione ottica, vero e proprio fuoco di artificio che con la sua scomparsa torna a mostrare chiaramente che appena il prezzo del petrolio si posizionerebbe in maniera stabile tra gli 88 e i 95 dollari al barile per i tre o quattro mesi successivi, le tante categorie merceologiche che finora avevano approfittato del rallentamento del prezzo del petrolio da circa un anno a questa parte, arrivate al 4-5% di incremento inflattivo invertirebbero di nuovo la curva che da discendente tornerebbe ascendente, cosa che sta già succedendo in anticipo negli Usa.

In modo più chiaro ancora, c’è un termine del tempo al quale guardare che in letteratura viene definito lungo/medio periodo, zona la quale viene individuata tra le altre cose quando il livello assoluto e generale dei prezzi è tendenzialmente stabile; diventa perciò tale area un nuovo punto da cui partire per analizzare una successiva ed eventuale inflazione.

A livello pratico, senza troppe spiegazioni teoriche, questo aspetto lo individuiamo nelle nostre esistenze quando confrontiamo il livello assoluto del prezzo di quei beni che nell’arco dei decenni sono sempre presenti, pur variando nelle qualità e nelle quantità. In sostanza, ogni periodo inflattivo si somma al precedente usando come base il livello assoluto dei prezzi da cui si è generato; insomma, è la famosa regola non scritta dei prezzi vischiosi verso il basso, che significa che c’è un livello minimo che non verrà più recuperato.

Ad esempio, ci ricordiamo la benzina a 1 euro? Bene, è virtualmente impossibile rintracciare più tale prezzo, in quanto nel frattempo sono variati i livelli assoluti dei prezzi di tutti gli altri beni, e quindi un eventuale operatore del mercato degli idrocarburi, ad esempio il titolare di una pompa di benzina, dovrebbe accettare di punto in bianco di vedere la sua vita rincarata del doppio se vendesse di nuovo a quel prezzo a inflazione conclusa.

L’inflazione, lo si ribadisce pertanto ancora una volta, è un complesso fenomeno macroeconomico e statistico, che al cittadino medio con troppa faciloneria e superficialità viene presentato come un indice sintetico e semplice. Anzi, come sopra si è cercato in linea di massima di descrivere, è tutto l’opposto, residuando così solamente l’aspetto vero e quotidiano che viene fuori dalla celeberrima poesia di Trilussa sul pollo metà a testa, tra uno che lo mangia intero e l’altro che resta a digiuno.

Nei fatti, il compito vero del cittadino è di segnalare con tutti i canali di esternazione e critica possibili quando il costo della vita stia diventando insopportabile, ed è pertanto ovvio che le prime lamentele vere e non pretestuose partiranno dai possessori dei redditi più bassi; avendosi così per tale fatta, che a mano a mano che l’indice macroeconomico inflattivo si intensificasse, sempre più classi economicamente più elevate sentirebbero concretamente e in negativo il fenomeno dell’innalzamento dei prezzi.

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