19 agosto 2022: nel periodo settembre-ottobre-novembre è possibile assistere a un incremento complessivo dell’inflazione così come a dicembre e a gennaio del nuovo anno (2023). Successivamente, si potrà registrare una prima fase di lateralità con iniziale (seppur lieve) tendenza ribassista a partire dalla conclusione del prossimo febbraio.
Questa, in breve, l’ipotesi di scenario concernente la dinamica dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC). Queste nostre pagine la sede di tale ipotesi. Il momento di tale azzardo? In tempi non sospetti: pieno agosto dell’anno scorso. Oggi, a distanza di molti mesi, è un obbligo da parte nostra continuare con il precedente intento ovvero dare seguito alla tanto attesa verifica attingendo ai dati diffusi ieri da Istat sulle stime preliminari del mese di gennaio 2023.
Osservando le variazioni congiunturali dei singoli mesi (rif. periodo della nostra analisi) è oggettivo il riscontro di una progressione contraddistinta da continui rialzi che, di fatto, vede conseguire il precedente obiettivo indicato; allo stesso tempo, però, la sommatoria degli stessi incrementi eccede il target da noi preventivato in precedenza ossia compreso tra un minimo a +1,9% e un massimo a +2,5%: infatti, quanto rilevato da Istat, riporta un ammontare pari al +4,7% che sostanzialmente rappresenta un vero e proprio abisso rispetto alla stima paventata. A rovinare l’intera “previsione” c’è quell’incremento di oltre tre punti percentuali che, il solo mese di ottobre, ha contribuito a stravolgere ogni tipo di plausibile valutazione. In noi, un certo senso di disagio, è ancora presente.
Ma, come sempre, è obbligatorio andare oltre ogni aspetto soggettivo e le rilevazioni di ventiquattrore fa, sono complessivamente molto buone: «Secondo le stime preliminari, nel mese di gennaio 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base mensile e del 10,1% su base annua, da +11,6% nel mese precedente». E sintetizzate nel consueto Commento trovano una storica contestualizzazione: «Le stime preliminari evidenziano la netta attenuazione dell’inflazione, che a gennaio si attesta al +10,1% (livello che non si registrava da settembre 1984, quando il NIC fece segnare la medesima variazione tendenziale)». A motivare questo significativo rallentamento c’è stata «l’inversione di tendenza dei Beni energetici regolamentati (-10,9% su base annua)».
Lo ripetiamo: le risultanze sono molto buone, ma, nell’insieme dei molti elementi oggetto di nostro monitoraggio, vediamo ancora alcune ombre su uno specifico fattore: la poco ricordata (ma molto importante) “componente di fondo” che, anche a gennaio, continua la propria crescita portandosi a +3,2%. Al suo fianco, invece, l’inflazione acquisita per il 2023 pari a +5,3%. Prescindendo da quest’ultima (senza ovviamente tralasciarne l’essenzialità), gran parte dei numeri appartenenti al cosiddetto “carrello della spesa” sembrano non arrestare la loro corsa che, a posteriori, conferma (purtroppo) il nostro precedente e agostano timore: «quanto caratterizzerà (in negativo) le sorti degli italiani nei prossimi mesi sarà il costo del cosiddetto “carrello della spesa”».
Guarderemo con molta attenzione alle prossime pubblicazioni di Istat, ma, già in queste ultime ore, la stima flash di Eurostat può – momentaneamente – acquietarci rispetto a questo male comune rappresentato dall’inflazione: a gennaio, infatti, l’indice dei prezzi dell’Eurozona è sceso all’8,5% rispetto al 9,2% dello scorso dicembre. Un ulteriore passo avanti in direzione di una ancora lontana normalità che, senza troppi giri di parole o eventuali previsioni, richiederà molto tempo.
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