Arrivederci doppia cifra e sia fin da subito ben chiaro senza nutrire nulla di personale: si tratta di un arrivederci che, nelle nostre più sincere e nascoste speranze vorremmo, però, che si tramutasse in un addio al pari di un vecchio e lontano, lontanissimo ricordo.
Ma, per tale sogno (o utopia) i tempi non sembrano essere dei migliori. Ieri, Eurostat e Istat hanno diffuso le loro rispettive stime in materia di inflazione e, da quanto indicato, entrambi hanno decretato l’abbandono del livello “dieci-virgola” percento in capo alle rilevazioni dell’Italia. Il dato (annuale) dell’area euro previsto da Eurostat evidenzia a febbraio un calo a 8,5% rispetto all’8,6% di gennaio, mentre, su base mensile, un rialzo dello 0,8% interrompe il segno negativo (-0,2%) precedente. Anche i principali Paesi del Vecchio continente subiscono quest’ultima dinamica rialzista e, sempre considerando l’inflazione annua, si notano i seguenti incrementi: 9,3% (da 9,2%) per la Germania, 6,1% (dopo 5,9%) in Spagna e 7,2% (prima 7%) della Francia. E l’Italia? Ha fatto meglio delle citate concorrenti: in calo a 9,9% abbandonando la precedente (ben oltre) doppia cifra a quota 10,7%.
Le tendenze (in aumento) dei singoli Paesi che abbiamo riportato erano già note perché diffuse nei giorni scorsi, invece, quella riconducibile all’Italia ha decisamente confortato come rileva la stessa Istat: «Secondo le stime preliminari, nel mese di febbraio 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,3% su base mensile e del 9,2% su base annua, da +10,0% nel mese precedente».
Verosimilmente può essere considerata una riprova alla bontà del dato di Eurostat e, indubbiamente, una sorta di attestazione di fiducia per quanto conseguito dal Bel Paese in questa prima parte di anno.
A calmare gli animi, però, giunge un’ennesima preoccupazione che più volte su queste pagine abbiamo trattato attribuendole un significativo onero perché rappresentante di un vero e proprio peso sulle spalle di tutti noi. Stiamo parlando della cosiddetta inflazione di fondo zavorrata dal suo compare (in veste di fin troppo pesante fardello) “carrello della spesa” che, nel Commento di Istat, trova la seguente considerazione: «si accentua la crescita su base annua della componente di fondo (+6,4%) e quella del cosiddetto “carrello della spesa”, che risale a +13,0%, dopo il rallentamento osservato a gennaio».
A sottolineare l’importanza di questo “nuovo” fattore preoccupante sono giunte le considerazioni da parte del mondo del commercio. «A preoccupare è la progressiva crescita dell’inflazione di fondo, che testimonia come le forti tensioni accumulate nell’ultimo biennio non si siano ancora esaurite. Ciò condizionerà le decisioni d’acquisto delle famiglie nei prossimi mesi e, di conseguenza, l’intensità della crescita del 2023» (Confcommercio). «Accelera di un punto percentuale il carrello della spesa e l’inflazione di fondo si attesta sopra il 6%. Segnali che non lasciano, purtroppo, dissipare dubbi ed incognite sull’anno in corso, con la spesa delle famiglie ancora sotto assedio ed i rischi sulla tenuta dei consumi» (Confesercenti). Infine: «Il potere d’acquisto è stato fortemente messo sotto pressione in questi ultimi mesi, e oggi continuiamo a registrare una contrazione dei consumi nel comparto del food, con un calo a volume tra i 4 e i 5 punti percentuali rispetto a un anno fa. È una situazione alla quale si deve porre la massima attenzione, con l’obiettivo di sostenere i consumi ed evitare impatti significativi sulle tante filiere agroalimentari di qualità ed eccellenza del Made in Italy» (Carlo Alberto Buttarelli direttore dell’Ufficio studi di Federdistribuzione).
Potremmo concludere questo nostro breve focus sull’inflazione italiana, ma si rende necessaria un’ulteriore nota di approfondimento di natura finanziaria poiché strettamente correlata a una potenziale logica di investimento. Nei prossimi giorni ci sarà il collocamento della nuova emissione del Btp Italia indicizzato all’inflazione che, strutturalmente, vede un legame all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati – FOI, senza tabacchi.
Dal punto di vista operativo, quest’ultimo riferimento a gennaio ha registrato quota 118,3 punti ovvero un nuovo livello massimo della propria serie storica. A tale livello, approssimativamente, verrà fissato la prima base di calcolo e successivo raffronto in sede di rilevazioni future sull’inflazione che, implicitamente, avranno effetto sulla cedola da riconoscere ai risparmiatori. Quesito: oggi, pur consapevoli che il livello dell’inflazione futura rimarrà ancora alta, a seguito di queste nuove dinamiche ribassiste sull’indice dei prezzi al consumo italiano di quanto potrà ulteriormente apprezzarsi questo tipo di base di calcolo?
Un solo dato di pura cronaca: la precedente emissione (rif. diciottesima emissione del Btp Italia con godimento 22 novembre 2022 e scadenza 2028) aveva soglia 113,41 punti come punto di partenza. Un’area sicuramente appetibile, ma, come ovvio, parliamo dell’anno scorso. Da domani sarà ancora valido? Riflettiamoci.
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