Tutto secondo le previsioni, anzi, tutto in base alle stime preliminari. Sì, proprio loro, quelle indicazioni che fino a quando non sono definitivamente confermate attraverso i cosiddetti “dati definitivi” lasciano in sospeso la realtà dei fatti. Soprattutto, e questa volta è importante sottolinearlo, quando chi vuole vedere oltre (forse fin troppo oltre), ci mette del suo e, senza alcun indugio la spara grossa. Molto grossa (per alcuni e molti). Le sopracitate stime preliminari sono quelle riconducibili al dato diffuso ieri da Istat sulla tanto e, purtroppo, sempre attesa inflazione, il carovita, la nostra spesa, insomma. A giugno, il nostro principale istituto di statistica rileva questo: «Secondo le stime preliminari, nel mese di giugno 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra una variazione nulla su base mensile e un aumento del 6,4% su base annua, da +7,6% del mese precedente».
Avete letto bene: poco più di sei punti percentuali il dato tendenziale del Bel Paese. Già possiamo immaginare quanto sarà soddisfacente vedere questa rilevazione (se confermata) in occasione della prossima tabella periodica a firma di Eurostat. Non più un divario apparentemente incolmabile con gli altri pPesi, bensì una verosimile corsa giunta nella scia di chi ci precede. Prossimamente lo vedremo.
Continuando nella lettura del consueto comunicato Istat, l’altro fattore che ci preme riportare è quello che decisamente ci riporta all’incipit iniziale e specificatamente a chi «ci mette del suo e, senza alcun indugio la spara grossa».
In questo contesto, l’annesso riscontro, è quello legato unicamente all’arduo e temuto dato sulla cosiddetta “inflazione di fondo” che si legge essersi ridimensionata, infatti: «L'”inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, rallenta ulteriormente (da +6,0% a +5,6%), così come quella al netto dei soli beni energetici (da +6,2%, registrato a maggio, a +5,8%)». +5,6%. +5,6%.
Ribadiamolo. In questo caso, ribadire il concetto, lo ammettiamo, è più per noi che voi. Una sorta di autocompiacimento. Il motivo? Decisamente semplice poiché di stampo prettamente egoico. Qualche mese fa, infatti, a febbraio, su queste pagine la sparavamo – davvero – grossa: «La nostra italiana e tanto cara “inflazione di fondo” viene prospettata in lieve ridimensionamento in ottica dei prossimi mesi. Nello specifico, dopo un potenziale incremento non oltre quota +6,4% (rif. indice al netto degli energetici e degli alimentari freschi), il seguente e possibile andamento viene stimato a valori prossimi al +5,6% per, dopo, concretizzare una fase di lateralità contraddistinta da modeste variazioni negative mensili con finale approdo in area 5,2%». Preso atto di questa “visione” ai provetti veggenti l’ovvia domanda: tutto questo entro quando? «Dal punto di vista temporale, la view riportata potrebbe beneficiare di un cosiddetto miglior “spettro probabilistico compreso” (ovvero entro e non oltre) la fine di agosto 2023». Siamo a giugno e, finora, la proiezione sembra essere coerente. Guardando ai dati definitivi sull’inflazione di fondo diffusi da inizio anno, infatti, dopo il +6,3% di febbraio e marzo, si è potuto assistere a un fievole rallentamento con il +6,2% di aprile, il successivo +6,0% di maggio e, oggi, con la rilevazione (seppur provvisoria) di giugno a quota +5,6%: ossia il nostro primo obiettivo.
Ora, però, vorremo che tale scenario possa continuare secondo la traccia da noi dettata, ma, oggettivamente, questa significativa riduzione avvenuta nell’arco di un solo mese ci lascia soddisfatti e perplessi allo stesso tempo. Tutto troppo subito e fin troppo velocemente. Rimanendo con i piedi per terra, adesso, il prossimo step vede la sua destinazione «in area 5,2%» in un tempo massimo di soli sessanta giorni (rif. «entro e non oltre la fine di agosto»): un nulla.
Nel frattempo, per dovere di cronaca, nel consueto Commento a margine del dato pubblicato si apprende di un ulteriore fattore positivo: «Prosegue, infine, la fase di rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi del “carrello della spesa“, che a giugno è pari a +10,7%». Per ora siamo soddisfatti e, questa volta, vale veramente la pena sottolinearlo con fare ironico: ce la faranno i nostri eroi a suggellare questa loro profezia? A Istat il compito del calcolo, a noi, invece, l’onere dell’incauto ottimismo.
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