Dalla lettura iniziale di qualsiasi testo economico e/o divulgativo si legge che l’inflazione è un aumento generalizzato dei prezzi e persistente perlomeno per un certo periodo.
Questa definizione è necessaria ma non sufficiente, basti solo pensare a un eventuale ritorno dei prezzi nelle vecchie lire per aversi un aumento generalizzato dei prezzi, sicuramente duraturo, ma forse sarebbe in dubbio la persistenza dell’aumento.
Quindi, tocca focalizzarsi sul fatto che si ha inflazione a seguito di aumento generalizzato dei prezzi dei beni, di consumo, dei servizi, delle materie prime, e tale aumento deve persistere come variazione continua all’aumento; non deve cioè essere un cambio di unità di misura di una valuta in un’altra: duraturo ma una tantum; poi, però, nell’esperienza che si è avuta (cambio lira-euro), anche tale solo conversione ha avuto impatti persistenti sui prezzi.
Ma anche avendo ora in prima battuta una definizione ora sufficiente del fenomeno inflattivo, tale risultato è del tutto insoddisfacente a inquadrare in modo macroeconomico il fenomeno; l’inflazione è una dimensione molto più insidiosa, e per illuminare tale insidia nascosta aggiungiamo ora il concetto di disarmonia: cioè l’inflazione è un aumento generalizzato, persistente e non armonico del livello generale dei prezzi dell’economia reale. Compito quindi dell’analisi macroeconomica è analizzare e definire il carattere della disarmonicità, concetto per ora evocativo e non scientifico.
Ma torniamo un attimo ai fatti reali, vista l’introduzione alla problematica: il 12 maggio 2021 l’indice dei prezzi al consumo statunitense ha fatto registrare un +4,2% annuo, con l’attesa degli analisti al 3,2-3,6%, e tale aumento è il più robusto dal 2008, anno della grande crisi. Ma è solo di due giorni prima la notizia che i futures del legname da costruzione negli Stati Uniti da 336 dollari dell’anno scorso hanno segnato 1.350 dollari (va però puntualizzato che i futures sono comunque mercati assicurativi e speculativi nella loro funzione, e quindi riflettono aspettative e non fatti reali come l’indice dei prezzi al consumo); in aggiunta, perlomeno da sei mesi a questa parte si sono sentiti incrementi dei prezzi di svariate materie prime dell’ordine delle due cifre percentuali, se non tre.
In buona sostanza, almeno a un primo livello di analisi qualitativa queste notizie ci dicono chiaramente che c’è una pressione più sistematica e più robusta sull’aumento generalizzato dei prezzi di qualche anno fa. Qui inizia la sfida per le autorità pubbliche e per tutti i protagonisti dell’economia dai più grandi fino al più semplice cittadino: quanto sarà elevata l’inflazione e quanto durerà?
A questa domanda non è per nulla semplice rispondere, se non quasi impossibile. Ecco che allora un modo indiretto di affrontarla è cercare di comprendere nella maniera più analitica possibile cosa sia in verità il fenomeno inflattivo: è come per un auto da corsa, solo quando il pilota la guida si potrà capire con i fatti quando va veloce (inflazione che si realizzerà e sua durata), ma ingegneri e meccanici qualificati che assemblano un’auto da corsa sanno già dall’inizio che tipo di accadimenti aspettarsi ed escluderne così tutta una serie di immaginari e favolistici (interventi e considerazioni di non esperti). Pertanto, iniziamo ora a esaminare alcuni aspetti fondamentali dell’inflazione; innanzitutto, la sua misurazione: come si misura l’incremento generalizzato dei prezzi?
Allora, la misurazione precisa consisterebbe nel misurare per ogni persona ed ente pubblico e privato la propria spesa di un anno addietro con quella attuale e trarre le differenze. Si comprende benissimo che è un’operazione impossibile per i miliardi di miliardi di dati da elaborare e per i tempi in cui riuscirsi: mesi se non qualche anno. Si deve perciò ripiegare su elaborazioni statistiche economiche e sociologiche che ricostruiscano un paniere di beni e di servizi rappresentattivo dell’intera società, ma che paradossalmente nei fatti non sarà mai il perfetto paniere del singolo individuo di carne e ossa.
Prima aspetto controverso dell’inflazione, o meglio della sua misurazione: creazione di un indice virtuale buono per tutti, ma non vero per ognuno. Sembra quasi che eccheggi Pirandello, uno nessuno e centomila. Nei fatti, ogni singola persona e/o ente compra ciò che vuole e nelle quantità desiderate, e quindi da questa constatazione si capisce che l’inflazione effettiva di ognuno di noi e quasi singola come le nostre persone; di modo che, come ovviare?
Si affronta e si gestisce il problema della misurazione dell’inflazione costruendo un indice che abbia una bassa varianza; detto in un modo non statistico e divulgativo, che non sia troppo differente per tutti gli individui di una determinata collettività. Qui calza a pennello la poesia ironica di Trilussa: il famoso pollo allo spiedo consumato da una sola persona con l’altra completamente al digiuno; la media statistica era di metà a testa! (media falsa). Soccorre, appunto la statistica più avanzata richiedendo che il secondo indice fondamentale di analisi e cioè la varianza sia bassissimo; nel caso della poesia di Trilussa è infinito e perciò rende falsa la media, se fosse stata la varianza pari a zero, effettivamente le due persone avrebbero consumato metà pollo a testa.
L’esempio di cui sopra è il modo formale in cui procedere nella costruzione degli indici, fermo restando però che la realtà fattuale pone sfide ardue e non risolvibili una volta per tutte. In altri modo detto, la società è troppo vasta, troppe dimensioni di ogni tipo (redditi, località geografiche, tipo di lavoro, composizione del nucleo familiare, grado e interessi culturali, e si può continuare in maniera indefinita).
Morale della favola: bene saperlo fin da ora, qualsiasi indice inflattivo al consumo presenterà una varianza non piccola, però se ben fatto nemmeno vergognosa nella sua eventuale dimensione. Anche tutti noi come persone e cittadini ci dobbiamo accontentare di capire fino a un certo punto, dato che da un dato punto in avanti la realtà diventa troppo indeterminata e ingestibile. Ma nei fatti basti pensare alle crisi e ai torbidi sociali; da dove proviene tutto questo, se non dal fatto che a un certo punto la carne e l’anima della propria condizione di vita fa a cazzotti con indici validi per tutti e non veri per nessuno? Uno, nessuno e centomila.
Torniamo ora di nuovo all’attualità focalizzandoci sull’incremento dei prezzi futures del legname da 336 a 1.350 dollari in un anno, e ipotizziamo di averlo verificato nell’economia quotidiana. Immaginiamo ora due vicini di casa: l’uno con una casa ristrutturata 3 anni fa e quindi nuova di zecca, e l’altro che inizia a compare legname muratori e falegnami. Uno è beato e tranquillo, l’altro va incontro consistenti squilibri e problemi finanziari; solamente che tale fotografia insieme ironica e tragica focalizza un momento, dove però il vero altro problema dell’inflazione è che essa circola “col e dentro al denaro” per l’intero tessuto sociale; è solo questione di tempo, ricordando però che il timing dell’inflazione, sebbene secondario in prima battuta rispetto al suo insorgere, finisce col diventare anch’esso primario e per nulla scansabile; detto meglio: un individuo sopporta in modo improvviso ora l’inflazione, l’altro la sperimenta dopo cinque mesi; un po’, l’immagine adeguata è quella di un incendio: ha un punto di inizio ma poi si trasmette al tutto.
Infatti, se si pensa all’iper-inflazione della Bolivia dei primi anni 2000, con tassi del 2000% annuo si ricavano insegnamenti tragici e comici al tempo stesso. La Bolivia aveva il peso agganciato a un rapporto di cambio fissato dalle autorità col dollaro americano; solamente che se l’inflazione all’interno del Paese era troppo alta tale cambio fisso non reggeva, dato che la valuta di svalutava continuamente e così continuamente cambiando il rapporto di cambio; in parole povere, tutti i cittadini boliviani qualsiasi professione esercitassero erano diventati cambia valute: appena avevano pesos in mano la prima cosa che facevano era di ottenere dollari americani.
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