Martedì è stato diffuso il dato tendenziale annuo dell’inflazione Usa riferito al mese di gennaio 2024, risultato essere del 3,1%, quindi superiore di 0,2 punti alla stima riportata da Bloomberg che raccoglie le stime di operatori del mercato di Wall Street che davano un valore del 2,9%. Nel mio intervento di stima avevo, invece, indicato un valore puntuale del 3,2% con valore minimo dell’intervallo del 3,1%; elaborazione pertanto in forte aderenza con i dati effettivi.
Le dinamiche principali di tali valori sono legate – come da me sostenuto in maniera costante – ai valori delle quotazioni del petrolio, che in area dei 73 dollari medi al barile Wti danno comunque spinte all’innalzamento di tutti i prezzi; si evidenzia, poi, in seconda battuta, il permanere e l’agire di forti disavanzi federali che impattano in maniera sensibile sulla domanda aggregata, in contrasto con l’azione dei tassi di interesse fermi al 5,25-5,5% dei federal funds; in sostanza, da un lato si immette capacità di acquisto con i disavanzi, dall’altra si tenderebbe a rendere costoso l’utilizzo della liquidità; dati i valori in campo, l’effetto finale è del tutto sbilanciato a favore di un eccesso di capacità di spesa che contribuisce per una parte minore, rispetto alle quotazioni petrolifere, a tenere vivo il fenomeno inflazionistico.
Piuttosto, è da notare nella giornata del 13 febbraio dopo la pubblicazione del dato inflattivo, la dinamica sulle quotazioni dell’oro, che da 2.030 dollari l’oncia ha rintracciato nel corso della giornata e fino a chiusura mercati ai valori di 1.995 dollari, rompendo dopo due mesi circa il pavimento dei 2.000 dollari.
Le spiegazioni che vengono fornite a tali oscillazioni sono quelle che venendo a mancare gli attesi tagli dei tassi di interesse da parte della Fed – rinviati a questo punto nelle aspettative degli operatori, a non prima di giugno 2024, e sempre in concomitanza col dipanarsi dei valori effettivi dell’inflazione il costo del denaro fa sì che si smobilizzino fondi dai mercati dell’oro che non sono fruttiferi per destinarli ad attività remunerative.
L’immagine precedente, così come presentata, denota purtroppo la strisciante isteresi che si sta sempre più diffondendo nelle piazze finanziarie, in particolare a Wall Street, in quanto, se per definizione l’inflazione è la perdita di potere di acquisto nei confronti dei beni non si capisce come il bene per eccellenza e cioè l’oro perda valore in presenza di inflazione che decresce meno di quello che ci si aspettava; siamo insomma di fronte a comportamenti e spiegazioni che nel loro svilupparsi mettono in chiaro i profondi disequilibri di base attualmente presenti; va poi ricordato che tutto questo, a dirsi la traiettoria dei valori dell’oro nella giornata del 13 febbraio nei confronti del dollaro, è ancora possibile perché la valuta in oggetto è considerata benchmark negli scambi internazionali e la fa da padrone nelle riserve delle banche centrali di mezzo mondo.
Lo abbiamo, però, sottolineato svariate volte, che oramai sono anni che sono in atto fenomeni e comportamenti degli attori internazionali emergenti e comunque non appartenenti al G7 tesi a mettere fine prima o poi alla centralità del dollaro americano; quello che va chiarito con maggiore cura è che da tre anni a questa parte questi fenomeni si sono intensificati, e in parallelo con essi si sono amplificati i segni di un complessivo disordine del mondo della globalizzazione così come lo avevamo conosciuto.
In più chiare lettere, oramai la domanda mondiale di oro fisico è esplosa, sia da parte di un numero crescente di banche centrali, anche occidentali, sia da parte dei mercati fisici asiatici, la qual cosa comporta che il mercato dei futures del Comex di Wall Street regola sempre meno differenze in dollari dei derivati alla scadenza, mettendo invece la clearing house di fronte a incrementi notevoli di acquisizione della merce fisica; significa tutto questo, che per quanto la finanza americana e inglese tenda fortemente a manipolare verso il basso il prezzo dell’oro, siamo oramai di fronte a scenari di fondo che se andassero a tracciare valori troppo bassi sulle call o sulle put, farebbero restare senza oro fisico il Comex, in quanto esso (l’oro) prenderebbe tutto quanto la strada verso oriente.
È un gioco dinamico immenso e pericoloso, nel quale gli Etf svendono oro per impiegare le somme in altre attività e al contempo questo oro viene del tutto assorbito fisicamente dai mercati asiatici; i giochi, detto in altra maniera, non hanno più orizzonti di medio periodo, ma come già altre volte detto resta poco tempo agli Usa, non più di 2 o 3 anni a partire da questi giorni per dare una forte inversione di rotta alle dinamiche più profonde dell’economia e delle relazioni internazionali.
Illustro in questo intervento un’altra mia ipotesi del tutto frutto delle mie congetture, e cioè che i valori di Bitcoin e di altre criptovalute minori siano in realtà un complesso meccanismo a cui partecipano tutti i poteri forti degli Usa, e che ha come obiettivo quello di drenare somme dai mercati dei metalli preziosi; senza la presenza dei Bitcoin, il valore dell’oro sarebbe stato mediamente pari a 2.200-2.250 dollari per oncia e, quindi, livelli molto più pericolosi e impegnativi per il dollaro americano.
Va, a questo punto, presentato uno schema di spiegazione dell’inflazione Usa del tutto opposto o quasi a questo illustrato in questa sede, parliamo cioè dell’analisi della varianza dell’indice core dell’inflazione senza la considerazione di beni alimentari ed energetici. Perché questo modo di leggere i dati è quasi del tutto opposto a quello fin qui dipanato? Perché in sostanza concentrarsi sulla varianza dell’indice core altri non è che un modo per mettere al centro delle cause la domanda aggregata statunitense soprattutto nelle sue componenti private, pensiamo ad esempio al mercato immobiliare e degli affitti.
In definitiva, l’inflazione a stelle e strisce sta mettendo sempre più in luce l’insieme di cause complesse e non componibili tra esse che ne stanno alla base, sta mettendo cioè in luce un mondo che sta cambiando, ed è da tale punto di vista che diventa importante il livello target del 2%: non tanto per una sua supposta intensa efficacia, quanto per il suo valore simbolo di un mondo al momento scomparso.
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