In periodo di forte crisi sanitaria, economica e sociale come quello che stiamo vivendo causa covid, ci sono persone che con il loro aiuto rappresentano un sostegno fondamentale per gli ultimi, per i dimenticati. E’ il caso di Fondazione Progetto Arca Onlus, fondazione di Milano da sempre vicina ai bisognosi, il cui operato è stato recentemente documentato dai colleghi di Agi. Una notte passata vicino al Duomo, con i senzatetto nel gelo meneghino, che stridono con le bellezze e lo sfarzo del cuore del capoluogo lombardo. “Per me fare la doccia è più importante che mangiare – dice una 60enne parlando con i volontari e i giornalisti – avete lo shampoo? Dove mi lavo i capelli? Alle fontanelle della città – ha proseguito – prendo l’acqua e la tengo lì un po’ per farla riscaldare. Funziona o, forse, mi sono solo abituata”. E’ diventata una sorta di usanza, raccontnoa i volontari di Fondazione Arca: “Da quando c’è il Covid fanno tutti così, si lavano alle fontane”. Non hanno nulla, solo qualche vestito, dei cartoni per “ripararsi” dal freddo e poco altro, ma nonostante ciò stanno affrontando la pandemia in maniera dignitosa: “Anzi – spiega Clelia, altra volontaria, mentre distribuisce gel e mascherine – sono più preparati degli ‘altri’. Sanno tutto dei sintomi, non oppongono mai resistenza alla misurazione della febbre, al tampone e al saturimetro. Hanno paura”.



FONDAZIONE ARCA: CON IL COVID C’E’ LA CUCINA MOBILE

E sono pochissimi i casi di covid fra i senzatetto, e uno di loro, in zona San Babila, ci scherza su: “La strada fa venire gli anticorpi, per noi il coronavirus cosa vuoi che sia”. I volontari passano di tenda in tenda a misurare la febbre e soprattutto, a dare una parola di conforto. Nel frattempo, vengono distribuiti anche dei pasti caldi e a riguardo Fondazione Arca si è adattata alla pandemia attraverso una cucina mobile, appuntamento fisso delle ore 21:00: quando arriva il furgone sono diverse le persone già pronte a ricevere un po’ di cibo, compreso, sottolinea Agi.it, anche qualche rider che invece il cibo lo porta in giro per gli altri. Ai volontari vengono chieste anche magliette, biancheria intima, sacchi a pelo, ma sempre con educazione, quasi imbarazzo. E chi non ce la fa a resistere al freddo di Milano ha anche la possibilità di recarsi presso il ‘Piccolo rifugio’, una struttura collegata alla Fondazione. Fra i volontari vi sono anche due infermiere fisse, accolte dalla scorsa primavera, da quando è scoppiata l’emergenza: “Abbiamo capito che è un servizio molto utile – dicono dalla Fondazione – non diamo medicine, ma consigliamo i posti dove farsi visitare gratuitamente e, soprattutto, cerchiamo di creare una relazione di fiducia e consuetudine che li porti a prendersi cura di sé”.

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