Nella giornata di giovedì la polizia ha arrestato, su mandato europeo, una 20ina di sospettati tra Italia, Austria, Romania e Slovacchia, dopo aver scoperto grazie ad un’ampia indagine transfrontaliera una fitta ed articolata truffa collegate ai fondi europei per la ripresa post-Covid, confluiti nel nostro Pnrr. L’indagine ha coinvolto circa 150 agenti, che hanno condotto perquisizioni in otto differenti regioni italiane, oltre che nei già citati stati europei, con il supporto delle autorità locali.
Dei 24 arrestati nell’ambito della truffa legata ai fondi Pnrr, otto sono già finiti in carcere, mentre altri 14 si trovano ai domiciliari e gli ultimi due sono interdetti dallo svolgere attività professionali di qualsiasi tipo. L’attività criminale, che in Italia aveva diramazioni in Veneto, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Campania e Puglia, è stata attribuita ad una non meglio precisata (forse nuova) organizzazione criminale che coinvolgeva a vario titolo diversi prestanome e almeno quattro professionisti. Complessivamente, la truffa avrebbe sottratto circa 600 milioni di euro ai fondi del Pnrr, stanziati nel settore edilizio e per la digitalizzazione e capitalizzazione delle imprese italiane.
Fondi Pnrr: come funzionava la truffa da 600 milioni
La truffa dei fondi del Pnrr si era diffusa soprattutto in Italia, coinvolgendo in un secondo momento anche altra aziende europee, che sono intervenute al fine di ripulire il denaro. L’indagine è partita da una comprovata attività fraudolenta nell’ambito dei fondi erogati da Simest (di Cassa depositi e prestiti), alla quale sono stati presentati progetti finti per decine di milioni di euro, permettendo all’organizzazione di incassare il 50% del finanziamento, per poi sparire nel nulla.
Così, dalla truffa ai danni di Simest sul Pnrr, gli agenti hanno seguito i soldi, scoprendo con l’aiuto dei colleghi europei la rete secondaria per il riciclaggio dei fondi indebitamente ottenuto. Grazie ad una serie di aziende fittizie dislocate soprattutto in Austria, Slovacchia e Romania per approfittare dei minori controlli fiscali, i soldi ne uscivano ‘puliti’, passando attraverso quelle che gli agenti hanno definito “tecnologie avanzate come server cloud situati in paesi non cooperativi, criptoasset e intelligenza artificiale” al fine di creare le finte documentazioni sui pagamenti. Complessivamente, nell’ambito delle indagini per la truffa legata al Pnrr sono stati sequestrati appartamenti e ville, ma anche criptovalute, Rolex, Lamborghini, Porsche, Audi e diverse quantità di oro e gioielli.