Nei giorni successivi all’approvazione del Decreto sostegni bis sembrò a tutti innovativo il contributo introdotto dal comma 16 dell’art. 1 in favore delle aziende colpite dagli effetti del Covid. L’innovazione c’è stata e consiste nella modalità di determinazione del contributo che, unico caso, non fa riferimento alla contrazione del fatturato, ma al calo degli utili, su cui, ovviamente, incidono (finalmente) anche i costi dell’azienda. Sembrava, dunque, aver trovato cittadinanza il ristoro dei costi fissi.



L’euforia fu subito sopita dal realismo. Fu immediatamente evidente come anche questa misura fosse pervasa da eccessi di burocrazia e preconcetti ideologici non essendo al momento dell’approvazione note l’entità del contributo e dello scostamento che dava titolo a ricevere il contributo che, comunque, era subordinato all’autorizzazione che avrebbe dovuto rilasciare la Commissione europea. Completava il quadro la previsione di una corsa contro il tempo essendo fissato che si dovesse presentare, per poter aver accesso al contributo, la dichiarazione dei redditi per l’anno 2020 entro il 10/09/2021. Già questa previsione appariva irragionevole e irrispettosa in quanto obbligava ad anticipare la scadenza naturale di presentazione della dichiarazione dei redditi di oltre due mesi stressando, inutilmente, il calendario degli adempimenti fiscali che in genere, proprio per dare un po’ di respiro alle aziende e ai professionisti, viene sospeso ad agosto.



A questa prima vessazione è stato posto “rimedio” in quanto, a ridosso della scadenza, il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi 2020 è stato “fissato” al 30 settembre 2021, ma, comunque, in anticipo rispetto al termine, valido per tutti i contribuenti, del 30 novembre 2021. Pochi giorni fa è arrivato il nulla osta della Commissione europea e l’Agenzia delle Entrate si è dichiarata pronta ad aprire una piattaforma utile all’erogazione del contributo. Tradotto in soldoni, con ogni probabilità ci sarà l’ennesimo click day. Le imprese avranno di fatto non più di 30 giorni per bloccare il contributo poiché le risorse stanziate vanno utilizzate entro la fine dell’anno.



A dettare le regole di accesso al fondo perduto perequativo è il decreto del ministro dell’Economia, firmato pochi giorni fa che fissa in almeno il 30% la percentuale di calo degli utili o di aumento delle perdite che le partite Iva devono aver registrato nel corso del 2020 rispetto ai valori registrati nel 2019. Il contributo perequativo spettante deve inoltre tener conto degli altri contributi a fondo perduto anti-Covid riconosciuti dall’Agenzia delle Entrate ed è stato previsto un meccanismo a scaglioni di calcolo del contributo spettante. Gli scaglioni sono cinque in tutto con una progressione delle aliquote decrescente al crescere dei ricavi e dei compensi: 30% per imprese e professionisti che hanno ricavi o compensi fino a 100mila euro, 20% per chi è tra 100mila e 400mila euro, 15% tra 400mila e 1 milione di euro, 10% tra un milione e 5 milioni e infine del 5% per le partite Iva più grandi tra 5 e 10 milioni di euro. Il limite massimo del contributo a fondo perduto non potrà essere superiore a 150mila euro.

Si avvicina, dunque, il momento del click day e non si può non osservare come trovi conferma che non vi è alcun cambio di passo nonostante in quasi due anni trascorsi. Vediamo il perché. Il contributo spetta in relazione a un confronto tra i dati economici 2019-2020 e per questo motivo è stato richiesto di presentare anticipatamente la dichiarazione dei redditi per il 2020. Occorre tener conto dei contributi Covid ricevuti e per questo molta attenzione è stata data alle comunicazioni obbligatorie da farsi, a cura delle imprese e dei professionisti, dei contributi ricevuti. Non si può non osservare come fosse ragionevole attendersi, visto il gran parlare del fisco telematico e della capacità dell’amministrazione di fare da sola in tema di fisco, che sarebbe stata l’Agenzia delle Entrate a comunicare ai possibili beneficiari l’importo a loro spettante. Invece potrebbe concretizzarsi il solito click day e ciò malgrado il largo anticipo con cui si conosceva la scadenza ormai imminente. Con ogni probabilità si continuerà a richiedere alle aziende e ai professionisti che le supportano di comunicare, per l’ennesima volta, dati già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria che aveva l’occasione per dimostrare, attuando la semplificazione auspicata, di poter fare da sola.

Tutto ciò avviene nella settimana in cui grande enfasi è stata data alla possibilità offerta ai cittadini di fare alcuni certificati in maniera digitale. Dunque un passo avanti e uno indietro (a danno delle aziende).

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