La commissione media che le imprese della ristorazione pagano alle piattaforme digitali di food delivery per vendere i propri prodotti è del 18%, con valori superiori al 20% per un’impresa su tre. Solo 1 realtà su 10 paga una commissione fissa. E ancora, il 68% dei contratti stipulati dai gestori con le piattaforme prevede clausole di dipendenza per l’incasso dei pagamenti. E sette volte su dieci le condizioni contrattuali derivano dall’imposizione di clausole unilaterali. Così come unilaterali, nel 20% dei casi, sono le richieste di modifica contrattuale da parte delle piattaforme. Senza contare che nel 92% dei casi gli incassi mediati dalla piattaforma sono differiti nel tempo.
È quanto emerge dal policy brief “L’Economia delle piattaforme digitali” presentato da Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) sulla scorta dell’indagine “Inapp Digital platform survey”, che per la prima volta ha analizzato nel corso del 2022 un campione di circa 40mila imprese, comprensivo anche di aziende con meno di 3 addetti e rappresentativo delle 298.991 imprese operanti in Italia nei settori della ristorazione, del turismo e dei trasporti terrestri.
L’indagine evidenzia, dunque, come il rapporto con le piattaforme digitali metta in campo variabili di rischio per la ristorazione. E questo non solo sullo stretto piano economico. Secondo lo studio, infatti, un’impresa su 4 del settore non ha accesso a informazioni sulla propria clientela, un limite che rappresenta un ostacolo alla definizione delle strategie di mercato delle realtà del comparto. Al 32% delle aziende della ristorazione, poi, è capitato almeno una volta di perdere clienti per disservizi causati dalle piattaforme con cui lavora. Il che implica un evidente danno reputazionale.
Il punto è però che le piattaforme rappresentano ormai un canale spesso irrinunciabile: nel biennio 2020-2021 il fatturato intermediato da queste realtà dell’ecommerce rappresenta quasi un quinto dei ricavi nella ristorazione. Si spiega così perché le imprese dei settori della ristorazione che le utilizzano per vendere propri prodotti e servizi siano quasi 19.000, ovvero il 13% del comparto.
È dunque oggi necessario lavorare per disegnare un mercato più bilanciato. “Per il 45% delle imprese della ristorazione che ha iniziato a utilizzare le piattaforme digitali per l’asporto durante il Covid si è aperto uno spazio di mercato altrimenti sconosciuto, che ha consentito anche lo svolgimento di una funzione sociale – osserva Sebastiano Fadda, presidente di Inapp -. Tuttavia, esiste un rischio di dipendenza tecnologica, economica e finanziaria delle imprese dalle piattaforme, che richiama, anche se in misura ridotta, lo stesso rapporto sbilanciato che queste hanno con i lavoratori. Sarebbe pertanto opportuno riequilibrare i rapporti tra piattaforme e imprese così da non imporre oneri eccessivi a queste e ai consumatori”.
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