Il lavoro che ci attende da qui ai prossimi dieci anni è impegnativo e sfidante e richiede azioni condivise da tutte le istituzioni a livello mondiale, europeo, nazionale, regionale e locale, dalle parti sociali e da tutta la società civile per cogliere le opportunità delle trasformazioni economiche e sociali indotte dalle rivoluzioni green e digitale e ridurre al minimo i loro effetti negativi soprattutto sul piano dell’occupazione e di conseguenza sull’aumento della marginalità sociale e della povertà. Abbiamo a disposizione risorse mai avute prima che dovremo saper usare sapientemente e con lungimiranza se vogliamo che le varie componenti delle missioni del Pnrr, nel loro insieme di investimenti e riforme, portino finalmente il nostro Paese a colmare ritardi atavici e non più accettabili.
I dati dell’ultimo rapporto Istat sulla situazione italiana sono un richiamo forte alla responsabilità, cui la Cisl non si è mai sottratta, a trovare gli strumenti per migliorare il nostro sistema di istruzione e formazione, dall’infanzia all’età adulta, potenziando i servizi, valorizzando il personale, estendendo il tempo pieno, rafforzando il legame scuola-mondo del lavoro, innovando la didattica e investendo nell’edilizia scolastica sia per garantire sicurezza, sia per offrire agli studenti e alle studentesse ambienti di apprendimento accoglienti, innovativi e stimolanti.
È necessario inoltre non sottovalutare l’importanza della scuola paritaria che soprattutto nella fascia 0-6 anni contribuisce a colmare le mancanze dell’offerta statale e comunale e garantisce in molti territori il diritto all’educazione e all’istruzione dei nostri bambini e delle nostre bambine, confermando il valore di un servizio pubblico che non va sottovalutato e disperso.
Lo stesso vale per l’istruzione e la formazione professionale grazie alla quale migliaia di ragazzi e ragazze conseguono qualifiche e diplomi utili a un inserimento lavorativo qualificato e dignitoso. È necessario che l’esercizio delle competenze costituzionali, articolate tra Stato e Regioni, avvenga in una virtuosa sussidiarietà che garantisca a tutti i nostri ragazzi il diritto a istruirsi e a formarsi secondo le proprie attitudini e talenti, rafforzando questa filiera, promuovendone l’estensione e l’esigibilità specie al Sud, entro un quadro di rinnovata progettualità. Solo così possiamo sperare di abbattere la dispersione scolastica e gli abbandoni, ridurre il numero dei Neet, elevare le competenze dei nostri giovani e degli adulti e aiutarli ad apprendere lungo tutto l’arco della vita per non trovarsi impreparati di fronte ai cambiamenti sempre più repentini dello scenario economico ma anche sociale e occupazionale.
L’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha accelerato i cambiamenti e ci ha costretto a confrontarci con l’esigenza di trovare soluzioni a problemi inattesi e sconosciuti delle quali dobbiamo fare tesoro per costruire modelli di sviluppo flessibili ma duraturi che guidino le riforme che l’Europa ci chiede e che ci consentano di accrescere il nostro benessere sociale ed economico in modo sostenibile, per l’ambiente e per le persone. Dobbiamo partire dall’assunto che le competenze non si acquisiscono una volta per tutte: l’aggiornamento e il miglioramento dei saperi, delle conoscenze e abilità sono oggi connaturati all’esperienza stessa del lavoro e in particolare “l’apprendere ad apprendere” è la competenza chiave per affrontare e non subire i cambiamenti che, dietro la spinta tecnologica e digitale, sono sempre più veloci e frequenti.
Favorire la transizione ecologica e digitale del nostro sistema produttivo ma anche di quello economico, sociale e culturale significa dotare la società e il mondo del lavoro, in particolare nelle sue componenti più giovani, di competenze e profili professionali nuovi. In tal senso è importante il potenziamento di tutta la filiera dell’istruzione tecnica e professionale, sia statale che regionale, secondaria e terziaria così come superare la scarsa propensione delle imprese italiane all’innovazione e all’investimento nelle competenze dei lavoratori. A basse competenze possedute dai lavoratori si affianca spesso un loro basso utilizzo per limiti strutturali e organizzativi delle imprese e questo comporta uno spreco di risorse e talenti, riduce la competitività e l’innovazione del sistema economico e produttivo, i livelli di occupabilità delle persone, aumenta i rischi di marginalizzazione sociale e la propensione ad accettare lavori scarsamente qualificati e sottopagati e produce effetti negativi sulle finanze pubbliche in termini di costi di assistenza e forme di sostegno al reddito.
È necessario un dialogo più stretto tra scuola e lavoro e un investimento maggiore nella maturazione della capacità formativa delle imprese che possono così formare al loro interno le professionalità di cui necessitano. Gli strumenti di apprendimento duale, alternanza rafforzata, apprendistato di primo e terzo livello, il fondo nuove competenze devono essere finanziati adeguatamente e potenziati se vogliamo spezzare lo schema del low skill equilibrium e innovare saggiamente anche le misure a vantaggio degli inoccupati. In questo quadro possono dare un importante contributo i fondi interprofessionali, espressione avanzata di relazioni sindacali partecipative e bilaterali, la cui vocazione va sostenuta perfezionandola in connessione virtuosa con le politiche attive del lavoro.
La riforma del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore (ITS e IFTS), in discussione in Parlamento, va in questa direzione, ma è necessario garantire la partecipazione delle parti sociali al coordinamento nazionale e salvaguardare l’autonomia e la distintività degli Istituti Tecnici Superiori rispetto alle Università, quali condizioni per una collaborazione autentica tra le due filiere su cui costruire passaggi e sistemi di riconoscimento reciproco. Risorse importanti dovranno essere destinate alle azioni di sistema sul piano dell’orientamento, della strategia di comunicazione e delle misure per il diritto allo studio se vogliamo potenziare questa filiera di istruzione strategica per lo sviluppo della nostra economia.
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