La formazione in ambito aziendale è un tema che spesso subisce una forte ambivalenza. Da una parte, si comprende facilmente il valore di acquisire costantemente nuove competenze e conoscenze per performare al meglio nella propria attività lavorativa. Tuttavia spesso viene messa in secondo piano per dare priorità ad attività più imminenti e con una scadenza che viene avvertita come più incombente.
Molto spesso la formazione viene considerata poco prioritaria e talvolta non produttiva. Destinare ore di lavoro per l’apprendimento non rende immediatamente più produttivo il lavoratore ed è possibile che il datore di lavoro non avverta immediatamente i benefici dell’investimento sostenuto. Questa percezione risulta acuita se la formazione è sulle materie soft, ovvero su quelle competenze che vengono chiamate trasversali (ad esempio, comunicazione, negoziazione, gestione del conflitto, public speaking e molti altri temi). Tutte competenze necessarie e fondamentali per chi lavora in gruppo o si interfaccia con clienti o fornitori. La difficoltà spesso per chi non conosce bene la materia è comprendere come poter misurare l’efficacia degli interventi che vengono fatti.
Inoltre, tutte le competenze trasversali hanno un forte focus sulle competenze relazionali, che richiedono tempo sia per essere comprese, sia per innescare nuovi comportamenti.
Non è semplice investire in qualcosa che può apparire agli occhi di chi non è del campo, e ancora di più agli occhi di un imprenditore, poco concreto e difficilmente misurabile (anche se non impossibile). Spesso questo scetticismo porta i datori di lavoro o gli uffici competenti a richiedere interventi formativi quando le relazioni sono già compromesse o i problemi sono diventati molto grandi, con tutte le difficoltà che ne conseguono.
Ci sono poi altri due fattori fondamentali da tenere presente: la differenza tra formazione e informazione, e la motivazione dei partecipanti ai corsi.
Cominciamo a mettere ordine su cosa significhi formare e cosa informare. L’etimologia della parola formazione riesce a dare una buona indicazione del significato più profondo, e cioè “dare forma”. Quando si apprende, si acquisisce una nuova forma. Gli interventi formativi dovrebbero essere in grado di dare nuove forme ai partecipanti, innescare nuovi comportamenti e nuovi processi relazionali. Per fare realmente formazione, bisogna parlare di percorso formativo. È impensabile di poter apprendere qualcosa di importante con un intervento di una giornata singola o due giornate consecutive, o, come succede spesso oggi, con interventi brevi virtuali.
Quella che oggi viene chiamata formazione è in realtà informazione. Anche in questo caso ci viene in aiuto l’etimologia. Informazione ha la radice uguale, ma un’accezione più rivolta all’aspetto mentale e dunque significa “dar forma alla mente”. Fornire tanti concetti alla nostra mente è importante ed è anche ciò che viene fatto nel percorso di studi del nostro sistema scolastico, ma rischia di essere poco pratico. Un medico chirurgo studia moltissimo, ma sono poi necessari anni sul campo, di pratica concreta e quotidiana per poter operare successivamente in autonomia e consapevolezza. Tutto ciò che apprendiamo necessita di pratica e consapevolezza. Quando otteniamo la patente non siamo diventati esperti guidatori, ma abbiamo le conoscenze per guidare. Solo una pratica costante unita alle conoscenze ci permette di diventare guidatori esperti.
C’è poi da considerare la motivazione dei partecipanti, i quali tra carichi di lavoro spesso alti, scadenze e talvolta poche informazioni, vengono catapultati in questi momenti spot di “informazione”. Molto spesso il primo lavoro del formatore, oltre a creare una relazione con l’aula, è quello di ingaggiare e stimolare i partecipanti ad una presenza attiva, utile e funzionale. Questo perché il formatore sa benissimo che, senza il coinvolgimento di chi è in aula, nessun nuovo concetto potrà essere trasferito e, dunque, nessun nuovo comportamento potrà essere messo in atto.
La formazione, insieme al marketing, è tra le prime voci che solitamente vengono ridotte o addirittura tagliate in tempi di crisi. Se accettiamo che le nostre abilità e capacità sono il frutto di esperienze che abbiamo vissuto unite ad un apprendimento e a una messa in pratica, diviene chiara la necessità di costruire veri percorsi di formazione che siano condivisi con i partecipanti, affinché siano realmente efficaci e inneschino nuovi comportamenti più consapevoli e funzionali.
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