I RETROSCENA DEL MEETING DI RIMINI CON ROBERTO FORMIGONI: “WOJTYLA IL PIÙ ACCLAMATO, DON GIUSSANI…”

A due giorni dall’inizio della 45esima edizione del Meeting di Rimini, l’ex Presidente di Regione Lombardia Roberto Formigoni a Hoara Borselli su “il Giornale” passa in rassegna le origini e gli albori della più grande rassegna culturale, sociale e politica dell’estate italiana, tra retroscena e ricordi ancora vivissimi. Ad esempio come tra le migliaia di ospiti e relatori che si sono avvicendati in questi lunghissimi 45 anni di vita del Meeting uno fu per grande distacco il più amato e acclamato: «Papa Giovanni Paolo II nel 1982».



Per il Santo Padre Karol Wojtyla, presente alla terza edizione del Meeting di Rimini, fu un invito anomalo, rivela Formigoni (che all’epoca da leader del Movimento Popolare partecipò attivamente all’organizzazione delle prime edizioni): «non fu difficile farlo venire, per niente. Chiese lui di venire». Era il 29 agosto 1982 e con il discorso tenuto in mezzo ai ragazzi e le ragazze del Meeting cambiò forse per sempre la storia di questa kermesse: lo ricorda con affetto Formigoni che cita a memoria il passaggio centrale del discorso di San Giovanni Paolo II, «Costruite la civiltà della solidarietà, della verità e dell’amore. Questo è il compito che io vi lascio».



Il più acclamato fu Wojtyla ma chi seppe incarnare al meglio l’essenza più pura del Meeting di Rimini, oltre ad aver contribuito ad ispirarlo, è stato il Servo di Dio Don Luigi Giussani: Formigoni racconta di averlo conosciuto in università grazie al suo amico lecchese, futuro cardinale Angelo Scola. «Lo incontrai a Milano. Gius (il soprannome che davano i “ciellini” al sacerdote di Desio, ndr) incarnava tutto quello che Scola mi aveva detto». Folgorante quell’incontro, come decine di migliaia che si imbatterono in quel particolarissimo (eppure semplicissimo) prete ed educatore: era un uomo prima di tutto, spiega Formigoni, «un uomo appassionato di tutto: della storia, della cultura, della scienza, della religione. Ed era appassionato di te. Era l’Incarnazione di Comunione e liberazione».



“MORO TORMENTATO E SINCERO, ANDREOTTI IL MIGLIORE IN POLITICA ESTERA. E NON ERA CINICO”: PARLA FORMIGONI

La novità di Don Giussani e di CL nel mondo della Chiesa italiana nella seconda metà del Novecento era rappresentata dalla “liberazione” in unità con l’incontro, tema chiave della fede cattolica: come racconta ancora Roberto Formigoni al “Giornale”, fino agli anni Sessanta si era abituati ad un cristianesimo “oppressivo”, fatto di obbedienza, cerimonie, doveri e dogmi. Poi tutto questo è rimasto ma nell’ottica del vero insegnamento cristiano: Don Giussani «ci ha presentato un cristianesimo completamente diverso. Ci ha detto: dovete andare nel mondo, incontrare l’umanità e poi incontrare Cristo, il più grande uomo mai esistito».

È così che nell’incontro con Don Giussani Roberto Formigoni decise di continuare la sua iniziale passione politica per farne un vero e proprio lavoro, con un lungo percorso di formazione interna all DC che oggi purtroppo quasi nessun partito prevede più: per il futuro 4 volte presidente di Regione Lombardia, prima delle inchieste giudiziarie e del carcere, il rapporto tra CL e la politica era molto chiaro e netto, «quelli erano ideali-ideali, niente priorità alla politica», così voleva e aveva insegnato Don Giussani all’epoca e così dovrebbe rimanere sempre in un sano rapporto tra società civile, fede e dottrina politica. Tra i ricordi più presenti, i rapporti con Aldo Moro e Giulio Andreotti, capisaldi della Democrazia Cristiana ma prima ancora della politica italiana: secondo Formigoni, il leader rapito e ucciso dalle BR «Era una persona tormentata. Lui voleva bene all’Italia. Il suo cristianesimo era vero. Ci credeva». Per Andreotti invece va eliminata l’ombra di un carattere cinico e opportunista, mentre invece era molto divertente oltre che onnisciente: «Sapeva di tutto. Di diritto, di filosofia, di morale. Sulla politica estera era il numero 1 al mondo». Formigoni conclude ricordando gli insegnamenti presi sulla politica estera da Andreotti, specie sul non essere mai presuntuosi: «Mi consigliò di evitare l’invidia per chi c’è vicino. Fari bassi, Roberto, fari bassi. Se realizzi qualcosa non è merito tuo è merito del partito».