«Nell’emergenza coronavirus la Lombardia è stata colpita da una bomba atomica e tutti hanno fatto errori, a partire dal governo»: torna a parlare per la seconda volta in pochi giorni l’ex Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, con il doppio ok autorizzato dal magistrato di sorveglianza (perché l’ex Celeste sta ancora scontando ai domiciliari la condanna per corruzione a 5 anni e 10 mesi proprio per le ben note vicende Sanità-Maugeri). Già nell’intervista tv a Telelombardia del 21 maggio scorso Formigoni aveva contestato i cambiamenti posti dalla Sanità della Giunta Maroni (che succedette all’epopea formigoniana al Pirellone) e sul concetto vi ci ritorna anche nell’odierno dialogo con il Corriere della Sera. Ma in testa va segnalato il “distinguo” ben netto fatto contro le gravi accuse ricevute in Aula alla Camera dal deputato M5s Riccardo Ricciardi: «la Sanità della Lombardia è descritta come il bengodi della sanità privata. Chi dice questo, come quell’ignorante di Ricciardi: ignora infatti che il taglio fu deciso dallo Stato che a partire dal 1992 ha ridotto i posti letto pubblici fino a scendere a 3,7 ogni mille abitanti. Sono state tagliate anche le terapie intensive».
FORMIGONI “MODELLO LOMBARDIA AFFOSSATO DA MARONI”
Per questo motivo non vi sono grandi responsabilità da imputare all’attuale gestione Fontana-Gallera nell’intera emergenza coronavirus, secondo Formigoni: «era il taglio dei fondi statali che ci impediva di investire di più sul pubblico. Fontana non ha fatto gli errori che gli imputano, forse ha un po’ tardato a chiedere l’aiuto dei privati che poi, però, hanno fatto il loro dovere». Il resto delle “accuse” vengono lanciate contro il suo successore al Pirellone, anche lui leghista, ovvero Roberto Maroni: «Noi rafforzavamo il ruolo dei medici sul territorio, firmando numerosi accordi con loro e favorendone l’associazionismo soprattutto nelle grandi città, perché dieci medici che lavorano insieme e hanno migliaia di assistiti si accorgono molto prima dell’insorgenza di una pandemia».
Secondo la visione dell’ex Presidente azzurro, la riforma del sistema sanitario fu varata nel 2012 con delibera di giunta votata anche dalla Lega, «poi però fu ignorata dalla giunta a guida leghista che, invece, prevedeva un forte indebolimento della medicina territoriale. Maroni ruppe con i suoi collaboratori, alcuni assessori si dimisero, e quando presentò il testo definitivo ci fu un coro di no tanto che non fu votata dal Consiglio regionale, ma varata come atto di giunta».
IL PIANO FORMIGONI PRE-COVID
In merito al piano stilato da Formigoni tanto nel 2008 quanto nel 2009 proprio per potenziali emergenze pandemiche prevedevano «indicazioni precise agli ospedali e ai medici di famiglia. Noi scrivemmo quello che doveva essere fatto, ma alcune cose furono poi dimenticate». In sostanza, si cercava di evitare l’eccessiva ospedalizzazione proprio per non doversi trovare poi l’emergenza nelle corsie, bensì bisognava «coinvolgere i medici di base che, infatti, in questa pandemia si sono accorti che c’erano strane polmoniti ma non sapevano cosa fare. Firmammo accordi con le Rsa per l’aumento di assistenza e prevedemmo lo stoccaggio di dispositivi di protezione individuale».