L’aumento della produttività è il motore della crescita del Pil, per abitante o pro-capite, ma è ciò che manca da decenni all’Italia. Questa mancanza rappresenta il motivo principale della stagnazione dei salari, che invece crescono nel resto d’Europa. Lo spiega Elsa Fornero in un’analisi sulla Stampa. L’ex ministra del Lavoro ricorda che diversi governi hanno usato la leva fiscale, spesso a debito, per incrementare le paghe nette. Lo ha fatto lo stesso governo Meloni, fiscalizzando gli oneri sociali a carico del lavoratore e accorpando le prime due aliquote fiscali. Per l’economista bisogna invece «includere più persone nel mondo del lavoro (donne e giovani, in particolare ma anche immigrati, possibilmente qualificati) e accrescerne la produttività: di qui bisogna partire per una vera ripresa dell’Italia». Fornero avverte che c’è un bacino di potenziali occupati a cui attingere, anche se la popolazione italiana tende a diminuire e invecchiare. «Al di là di questo occorre puntare sull’aumento della produttività».



La moderata crescita dell’occupazione dell’ultimo anno in Italia non deve far rallegrare troppo. «Certo, è una buona notizia che nel 2023 ci sia stato quasi mezzo milione di occupati in più, pari al 2 per cento del totale; però il Pil è salito soltanto di un ben più modesto 0,7 per cento», scrive Elsa Fornero. Questo vuol dire che ad essere cresciuto è il «lavoro mediamente più “povero”, anche se ancorato a contratti “buoni”, in maggioranza quelli di dipendenti a tempo indeterminato». Bisognerebbe chiedersi, secondo l’ex ministro, il motivo per il quale nel nostro Paese la produttività media non cresce o lo fa meno rispetto ad altri Paesi europei, anche per capire come intervenire per eliminare questa debolezza di fondo.



LA “RICETTA” DI ELSA FORNERO CONTRO LA STAGNAZIONE DEI SALARI

La produttività cresce soprattutto nell’industria, in particolare quella manifatturiera, per motivi tecnologici. Meno nei servizi, dove l’innovazione è minore. Il livello degli investimenti, però, in Italia tende a essere più basso che altrove. Si spiega così il motivo per il quale la produttività media non cresce o cresce meno in Italia, secondo Elsa Fornero. Inoltre, evidenzia che gli investimenti, dipendendo anche da fattori non economici come efficienza della burocrazia e giustizia civile, non sono decisi solo dall’impresa. La rapidità è legata anche a riforme di processi decisionali nella pubblica amministrazione, attualmente affidate al Pnrr. Per uscire dalla sua crescita asfittica, l’Italia deve in primis concentrarsi sul medio-lungo periodo, «dimenticando le tentazioni elettoralistiche di breve termine, tipiche del populismo». L’ex ministro suggerisce anche di «dare corpo alla “visione” del sistema economico-sociale da raggiungere entro i prossimi 10-20 anni, tenendo conto che senza “visioni” e senza obiettivi nessun Paese va veramente avanti».



Fornero fa l’esempio della scuola, che deve tornare ad essere ascensore sociale, non fattore di diseguaglianza. A ciò si aggiunge la necessità di una società «senza pregiudizi negativi nei confronti delle donne e “soffitti di cristallo” che ne bloccano la carriera». L’economista ritiene importante la sostenibilità del debito pubblico, insieme ad una spesa pubblica più equa e sprechi minori. L’evasione, inoltre, deve scendere a livelli medi europei, ma Fornero chiede anche «un sistema di imprese efficienti, innovative e di dimensioni medie maggiori delle attuali, non più sorretto dall’attuale coacervo di sussidi generalizzati che finiscono per frenare la crescita del Paese», oltre che «maggiore sostenibilità ambientale e sociale, e strutture di governo più trasparenti e paritetiche a tutti i livelli». Una sfida che l’Italia può vincere.