“Già il fatto che si sia deciso questo lockdown sta a significare che si riconosce come di alcuni aspetti non si sia tenuto conto nel periodo di indebolimento della pandemia estiva: non si è fatto nulla per correggere quelle debolezze che possono generare la diffusione dei contagi, in particolare i trasporti pubblici, né si è potenziato il sistema sanitario. Ecco perché oggi siamo in questa situazione”. Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, non ha dubbi sul prezzo che questo nuovo lockdown farà pagare all’Italia: con domanda interna ferma, export azzoppato, commercio e turismo nullificati e produzione industriale che non farà certo faville, “il quarto trimestre non sarà positivo” tanto che “faccio fatica a immaginare che il Pil 2020 cali solo del 10%: il rischio è che la caduta possa andare più in là, addirittura a -12%” . E con queste premesse “il primo trimestre 2021 dovrà risalire da un baratro”.



Il Pil 2020 è atteso in caduta del 9%. Con questo nuovo lockdown quanta zavorra si aggiungerebbe?

Guardando ai dati destagionalizzati dei primi tre trimestri, è giusto osservare che la somma rispetto ai primi nove mesi dell’anno scorso indica già una caduta del 9,4%, nonostante la ripresa molto strombazzata del 16% nel terzo trimestre. E’ chiaro dunque che tenere il -9% sarà molto difficile, perché il quarto trimestre non sarà certo positivo.



Tutta colpa del lockdown?

Anche se questo lockdown, a differenza di quello precedente, risparmia le attività produttive – per fortuna non è stata fatta la follia di chiuderle – e non avremo quindi il crollo cui abbiamo assistito a marzo/aprile, tuttavia la produzione industriale ne risentirà.

In che misura?

Per quanto soft, il lockdown, specie nelle zone rosse dove negozi e centri commerciali resteranno chiusi, inciderà non poco su molte attività commerciali che vendono i prodotti della manifattura, soprattutto sul mercato interno, ma anche su quello internazionale. In provincia molti bar e ristoranti lavorano soprattutto di sera e nel weekend, ma con il coprifuoco li si condanna alla chiusura non per 15 giorni, ma per tutto l’inverno. In più, si fermano tutti i servizi di fornitura che ruotano loro attorno, cosa di cui ci si dimentica: per esempio, alberghi e ristoranti danno molto lavoro alle lavanderie, che ora sono tutte ferme. Avremo perciò impatti inimmaginabili per decisori che non sanno come funziona realmente l’economia.



Domanda interna alle corde, dunque?

Il calo molto forte dei consumi delle famiglie impatterà anche sulla produzione manifatturiera, che certamente non farà faville. Commercio e turismo continueranno ad avere pesanti contraccolpi, alla luce anche dei restringimenti negli spostamenti fra regioni.

La pandemia colpisce duro non solo l’Italia, ma anche gli altri paesi, in Europa e non solo. Dobbiamo aspettarci ricadute pesanti anche sull’export, il nostro fiore all’occhiello?

E’ chiaro che se anche gli altri paesi, che da soli fanno gran parte del nostro export, adottano misure di lockdown, avremo una riduzione dei consumi in mercati di prossimità importanti per l’Italia, Germania compresa. Tutto il commercio intracomunitario avrà comunque una nuova implosione nel quarto trimestre. L’Italia è entrata per ultima nella crisi dell’export, e questo la dice lunga sul fatto che avevamo davvero irrobustito il sistema negli ultimi anni con Industria 4.0 e le riforme del mercato del lavoro, e in estate siamo stati tra i primi paesi a registrare segnali di ripresa. Purtroppo il contesto pandemico non ci consente di esprimere tutto il nostro potenziale, perché la domanda esterna è azzoppata, si sta inaridendo.

Lo “scontrino” finale di tutte queste voci negative quanto ci potrebbe venire a costare?

Il quarto trimestre sarà negativo non solo a livello congiunturale, ma anche in rapporto allo stesso periodo del 2019. Faccio fatica a immaginare che il Pil cali solo del 10%. Il rischio è che la caduta possa andare più in là, addirittura a -12%. E sono stime basate sulla presunzione che la produzione industriale non crolli.

Le nuove misure rischiano di uccidere nella culla i timidi segnali di ripresa evidenziati dall’Istat? E che effetto inerziale produrranno sul 2021?

Con queste premesse la prospettiva sul 2021 cambia completamente, anche solo rispetto alle previsioni contenute nella NaDef. Portandosi dietro un quarto trimestre 2020 in calo, il primo trimestre 2021 dovrà risalire da un baratro. Ritrovandosi con le gomme così sgonfie, sarà molto complicato e arduo raggiungere quella ripresa che era stata immaginata scoppiettante, alla luce dell’utilizzo progressivo delle risorse europee – che invece non arriveranno prima dell’autunno – e dello sblocco delle opere pubbliche – l’unico motore in grado di compensare gli effetti del lockdown, ma di cui purtroppo non c’è traccia.

Quindi?

Non vedo al momento una sorta di “piano B” per ridare slancio all’economia. Osservo solo un grande impegno, certamente lodevole altrimenti sarebbe il disastro, nel prevedere ristori e provvedimenti a sostegno delle categorie colpite dal nuovo lockdown. Ma non riesco a capire come si possa parlare di grande rimbalzo nel 2021. E anche le previsioni degli organismi internazionali sono destinate a cambiare in peggio.

Quale potrebbe essere l’impatto di coprifuoco e lockdown sui conti pubblici italiani? Rischiamo uno shock da spread?

No, non lo credo. Tutti i paesi europei sono nella stessa difficile situazione e non penso che ci sia qualcuno che voglia salire in cattedra per puntare il dito contro l’Italia che non ha i conti pubblici a posto. Gli Stati Uniti sono al 135% di debito/Pil, Spagna e Francia sono al 115% e anche loro con un lockdown avranno conti pubblici dissestati. Semmai il vero rischio che può correre l’Italia è la perdita di credibilità, ma in questo momento è assai improbabile,

Su quale salvagente possiamo contare?

L’Europa ha annunciato o lanciato tre salvagenti: il Sure, il Mes e il Recovery fund. Gli speculatori mondiali hanno di fronte non più l’Europa balbettante vista nei giorni della crisi debitoria della Grecia, ma l’Europa che ha assunto il vaccino-Draghi: con quello l’euro è al sicuro. Non possiamo tuttavia approfittare troppo di questo periodo di benevolenza dei mercati per scialare le risorse che arriveranno dall’Europa o peggio ancora non riuscendo a impiegarle in maniera costruttiva.

Corriamo questo rischio?

Non si sono ancora visti dei progetti concreti e pianificati per sostenere, soprattutto nella seconda parte del 2021, una grande ripresa del Pil, immaginando che per allora il coronavirus sarà stato se non debellato, almeno fortemente ridimensionato, dall’arrivo dei vaccini.

Nella decisione di adottare questo lockdown l’Italia ha seguito l’esempio di altri paesi, come Francia e Germania?

Non vedo negli altri paesi, dalla Francia al Regno Unito, dalla Spagna all’Olanda, una grande organizzazione nel contrasto alla pandemia. Non c’è un modello vincente.

Durante il primo lockdown non lo eravamo proprio noi?

Dopo l’iniziale disastro, anche perché la iattura della pandemia ci aveva colpiti per primi, a tradimento e in alcune zone della Lombardia con focolai ad altissima densità di popolazione, avevamo risposto con un lockdown molto rigoroso, che ci è costato parecchio sotto il profilo economico, ma che aveva prodotto dei risultati importanti, molto più che in altri paesi. Quindi, paradossalmente, nella prima fase, il nostro modello è stato il migliore.

Però?

Si trattava di metterlo a regime nella seconda ondata. Invece si è dormito per tutta l’estate. Il sistema sanitario non è stato minimamente potenziato, più che strutture e apparecchiature tecniche, manca il personale. Non si poteva formarlo e assumerlo, magari sfruttando le risorse del Mes, anche solo per eseguire i tamponi, garantendo così un test & tracing più efficace e capillare? Oggi non saremmo in questa situazione, invece stiamo assistendo alle stesse scene della scorsa primavera.

E sul trasporto pubblico?

Non si è fatto nulla per immaginare un ampliamento dell’offerta: anche il noleggio da parte pubblica dei bus privati è reso impossibile da pastoie e cavilli burocratici. La solita storia.

Dove sono finiti i 100 miliardi di scostamento di bilancio decisi in questi mesi dal governo?

La gran parte del peggioramento del deficit 2020 è imputabile alle misure relative agli ammortizzatori sociali. Una scelta a mio avviso utile per evitare il disastro. Ora si tratta di non trasformare queste misure di emergenza in misure strutturali. Già lo stop ai licenziamenti sta producendo un tappo che quando salterà lascerà il segno, perché le imprese adesso non possono licenziare, ma stanno accumulando costi che rischiano di non farle stare in piedi.

Che cosa bisognerebbe fare?

Siccome rischia di trovarsi con una quota di occupati nettamente inferiore, perché molti perderanno il posto di lavoro, il governo anziché mettere tanto fieno in cascina per lenire temporaneamente il dissesto dell’economia, dovrebbe impegnarsi, ma non lo si sta facendo, per programmanre quel “debito pubblico buono” di cui parlava Draghi e che serve per far crescere il Pil. Non possiamo più permetterci avanzi primari monstre su un’economia fiaccata. L’errore del 2011-2012 non può essere ripetuto, se non si vuole stroncare la domanda interna. Oggi, dopo due lockdown – sperando che il secondo non duri fino a Natale o Capodanno e che non ne arrivi un terzo – non basta tamponare i danni economici, perché una volta esauriti ammortizzatori e risorse non avremo più carburante per la crescita. E si sarebbe anche dovuta adottare maggiore accortezza nel gestire il lockdown.

In che senso?

Eravamo stati i migliori a uscire dalla prima ondata, accettando sacrifici enormi, e avevamo degli assi nella manica che abbiamo malamente sprecato. Anche adesso, pur peggiorando, l’Italia – in base alle statistiche dell’Ecdc sul numero di morti cumulati negli ultimi 15 giorni su 100mila abitanti – ottiene dei risultati migliori: siamo fermi attorno a 4, mentre paesi come Francia e Spagna sono già vicini a 5 e la Repubblica Ceca ha superato addirittura i 12. Ecco, avessimo programmato meglio interventi su trasporti e sanità e avessimo pensato prima a dei lockdown selettivi, adesso potevamo chiudere meno degli altri paesi.

(Marco Biscella)

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