“La sostenibilità modello Lombardia non è una sequenza di slogan, di chiacchiere o di convegni, ma vuole essere innanzitutto un racconto di esperienze concrete in atto, che spiegano come è possibile mettere a terra lo sviluppo sostenibile attraverso modelli, casi, best practices che ne documentano la realizzazione nei diversi ambiti. Una realizzazione attenta non solo all’ambiente, ma anche ai suoi riflessi economici e sociali”. In definitiva, una “sostenibilità sostenibile”, come la definisce Raffaele Cattaneo, assessore all’Ambiente e clima di Regione Lombardia, che proprio in questi giorni organizza, assieme a Fondazione Lombardia Ambiente, il terzo Forum regionale sullo sviluppo sostenibile.



“La nostra consapevolezza – aggiunge Cattaneo – è che l’ambiente oggi è il nuovo nome dello sviluppo e vogliamo far sì che la Lombardia possa continuare a essere una regione traino: lo è stata in tutti questi decenni per quanto riguarda il modello di sviluppo tradizionale e potrà essere ancora la locomotiva, non solo in Italia ma in Europa, del nuovo modello di sviluppo sostenibile”.



Che cosa intende per “sostenibilità sostenibile”?

Significa una sostenibilità realistica ed equilibrata rispetto ad altri che invocano una visione molto più ideologica, che poi spesso diventa insostenibile.

Come si costruisce un percorso di sostenibilità sostenibile?

Non va calato dall’alto, in maniera un po’ “violenta”, con la presunzione che solo le istituzioni sappiano che cosa serve e come si devono comportare i cittadini. E’ un percorso che nasce dal basso, dalla diffusione della consapevolezza di questi temi e di esperienze concrete, esemplari, che possono contagiare con la loro concretezza e fattibilità l’esperienza di altri. Questo è il senso del lavoro che stiamo facendo ed è anche l’eredità che lasceremo alla prossima legislatura.



In questi giorni è in corso di svolgimento il terzo Forum regionale sullo sviluppo sostenibile, che arriva proprio in chiusura di questa legislatura. Si può tracciare un bilancio su riflessioni e interventi realizzati su un tema che è al centro delle politiche di sviluppo della Lombardia?

Il tema della sostenibilità è stato davvero al centro delle politiche e delle strategie regionali. In coerenza con quanto prevedeva già il programma elettorale della coalizione che ha guidato in questi 5 anni la Regione, nel 2018 si è intrapreso un percorso iniziato con l’istituzione, su mia iniziativa, dell’Osservatorio per l’economia circolare e la transizione energetica, che ha coinvolto in ottica sussidiaria il mondo dell’associazionismo, dell’università e degli enti locali. Da qui poi è nato il Protocollo per lo sviluppo sostenibile, firmato nel 2019 e che ha finora raccolto oltre 100 adesioni di soggetti associativi e imprese.

Che cosa chiede questo Protocollo?

Non chiede cose generiche, ma di alimentare una piattaforma di iniziative in grado di generare continuamente esperienze che sanno tradurre nel concreto la sostenibilità. E proprio questo lavoro dal basso ha portato all’approvazione, nel giugno del 2021, della Strategia regionale di sviluppo sostenibile, che documenta in maniera molto analitica i frutti di questo percorso, tra cui le due edizioni, e adesso la terza, del Forum regionale sullo sviluppo sostenibile, che è una sorta di racconto delle esperienze. La sostenibilità modello Lombardia non è una sequenza di slogan, di chiacchiere o di convegni, ma vuole essere innanzitutto un racconto di esperienze concrete in atto, che spiegano come è possibile mettere a terra lo sviluppo sostenibile attraverso modelli, casi, best practices che ne documentano la realizzazione nei diversi ambiti. Una realizzazione però attenta non solo all’ambiente, ma anche ai suoi riflessi economici e sociali, in un’accezione più completa, come peraltro ricorda l’Agenda 2030 dell’Onu, e meno ideologizzata.

Qual è adesso la vision che bisognerebbe adottare per implementare i passi già compiuti sulla strada dello sviluppo sostenibile? C’è una parola chiave?

Nell’enciclica Laudato si’ Papa Francesco parla di “ecologia integrale”, includendo in questa anche la dimensione socio-economica, contrapponendola all’integralismo ideologico. E’ il punto di partenza del nostro approccio allo sviluppo sostenibile. Vogliamo una visione che tenga conto delle conseguenze che la necessaria, condivisibile e giustissima attenzione all’ambiente, al pianeta, alla natura, genera, trovando un punto di equilibrio con le necessità economiche e sociali.

Altrimenti quale rischio si corre?

Di creare nuove disparità. Non è che se le ineguaglianze sono figlie dell’ambientalismo siano meno gravi di quelle scaturite dal pensiero capitalista o di altri pensieri. Per esempio, non possiamo costringere tutti a cambiare auto, perché i più ricchi potranno farlo senza problemi, ma i meno abbienti andrebbero incontro a serie difficoltà.

Regione Lombardia è fortemente impegnata per favorire lo sviluppo sostenibile. A che punto è, per esempio, il nuovo Piano per l’economia circolare, che aggiorna il Piano rifiuti regionale?

Dopo tre anni di lavoro abbiamo varato questo documento di programmazione dal titolo “Verso l’economia circolare”, in cui viene tratteggiata l’evoluzione futura del modello di gestione dei rifiuti da qui al 2030. Già oggi la Lombardia vanta ottime performance sul fronte della raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Siamo al 73%, molto al di sopra degli obiettivi Ue, ma soprattutto siamo nelle condizioni di avviare al recupero circa il 65% dei rifiuti urbani e di riciclarne effettivamente il 55%. Il nostro obiettivo è salire all’83% di raccolta differenziata e al di sopra del 60% di riciclaggio effettivo. E sui rifiuti speciali, quelli cioè delle attività produttive, in Lombardia viene avviato al recupero addirittura l’85%.

In cantiere c’è anche una nuova legge sul clima particolarmente innovativa.

E’ pronta la bozza definitiva, che è ancora in valutazione in sede di Giunta, in considerazione del momento particolarmente difficile che famiglie e imprese stanno attraversando. Dobbiamo gestire con saggezza ed equilibrio questa fase per aiutare cittadini e imprese a superare questa crisi, senza irrigidimenti ideologici.

Quello dell’energia è oggi un tema molto delicato. La drammatica crisi del gas, dopo quella legata alla pandemia, può frenare il percorso verso la sostenibilità? Come la Lombardia fa fronte a questa difficile situazione?

Entro fine anno dovremmo approvare il Programma regionale energia, ambiente e clima, che individua le linee programmatiche della politica energetica in Lombardia da qui al 2030. Stiamo cercando di coniugare la prospettiva della transizione energetica verso le rinnovabili come forma di mitigazione dei cambiamenti climatici per ridurre le emissioni di gas climalteranti con le condizioni particolari che si sono appunto venute a creare nell’ultimo anno con la crisi energetica.

In che modo?

Si insiste su due direttrici: la riduzione del 35% dei consumi energetici, favorendo forti iniziative di efficientamento, e contemporaneamente un forte investimento sulle rinnovabili, che oggi rappresentano solo il 15% dei consumi finali, ma noi vogliamo raddoppiare questa percentuale, pur sapendo ovviamente che non tutte le fonti rinnovabili, per esempio l’idroelettrico alla luce dei problemi legati alla siccità, che oggi utilizziamo potranno essere raddoppiate.

Una sfida dunque che si giocherà molto sul fotovoltaico?

Esatto. Per mettere però a terra gli 8 gigawatt fissati dal nostro Piano di potenza fotovoltaica aggiuntiva abbiamo bisogno dell’equivalente di 15mila ettari di superficie e stimiamo che il 10% dei tetti degli edifici lombardi dovrà essere dotato di copertura fotovoltaica. Insomma, abbiamo bisogno di tutti: cittadini, imprese, amministrazioni locali. Senza ovviamente dimenticare la situazione in cui ci troviamo e che ci obbliga a tenere insieme tutti i fattori in gioco.

Quanto conta, allora, la sussidiarietà in questa sfida?

Sono assolutamente convinto della bontà della sussidiarietà come metodo imprescindibile quando si tratta di affrontare problemi che hanno a che fare con l’interesse della comunità. Innanzitutto, è un dato di realtà: la transizione ecologica avrà un impatto talmente pervasivo che non possiamo pensare di risolverla solo con i provvedimenti normativi, a qualunque livello. Se non cresce la consapevolezza dell’importanza di questa sfida e se non cambiano i comportamenti delle famiglie e delle imprese non vinceremo la sfida dello sviluppo sostenibile. La sussidiarietà in questo campo è una necessità.

Che risposte sono arrivate dal basso, dal territorio?

Questa consapevolezza sta crescendo, come testimoniano, da un lato, la realtà climatica stessa, che continua a dare segnali sempre più frequenti sull’impossibilità a continuare sulla strada tradizionale dello sviluppo, e dall’altro le molte iniziative concrete, creative ed efficaci che si stanno diffondendo.

Il Forum regionale ha dedicato una giornata al tema dell’educazione ambientale. E’ possibile fare educazione ambientale senza cadere nell’ideologia?

Educare vuol dire “tirare fuori”, non “mettere dentro”, inculcare qualcosa nella testa di qualcuno. L’educazione è una modalità che aiuta a far crescere la consapevolezza e quindi le scelte libere dei cittadini. E lo si può fare, in primo luogo, attraverso la conoscenza e poi con il racconto di esperienze, di testimonianze positive. Con una postilla importante: l’educazione ambientale non è tema solo per la scuola e gli studenti, ma coinvolge tutti, compresi il mondo del lavoro e quello delle amministrazioni pubbliche.

(Marco Biscella)

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