Un californiano biondino, bendato e legato con le mani dietro la schiena in una caserma di carabinieri, rischia di far saltare in aria tutto lo splendido lavoro di questi giorni di magistrati e carabinieri, e di rendere concreta la possibilità che gli assassini di Mario Cerciello Rega rimangano impuniti. 

Tutto inizia la notte tra giovedì e venerdì scorso quando un uomo – anche se ancora alcuni particolari della vicenda devono essere chiariti – denuncia il furto di una borsa e dichiara di essere sottoposto a un “cavallo di ritorno”: “paga cento euro e ti ridiamo la borsa con dentro i documenti e le chiavi”. All’incontro con i balordi però arrivano anche due carabinieri. Uno di loro, il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, si avvicina ai due non con la pistola spianata ma con il desiderio di risolvere tutto senza spargimenti di sangue. Viene accoltellato undici volte, dirà l’autopsia, e muore poche ore dopo all’ospedale. A questo punto magistrati e carabinieri agiscono a tempo di record e risolvono il caso. All’inizio si diffonde la voce che gli autori del delitto sarebbero dei nordafricani, per la precisione dei magrebini, poi si fa strada la verità: si tratta di due americani, due ventenni californiani che si chiamano Elder Finnegan Lee e Gabriel Christian Natale Hjorth. Poco a poco si conoscono altri particolari che fanno salire la tensione sui media e sui social, e fanno salire anche la tensione cui sono sottoposti i carabinieri che indagano. Due esempi tra i tanti. Uno è che il vicebrigadiere era sposato solo da 43 giorni; un altro è che un’insegnante di Novara, poi multata e sospesa dall’insegnamento, scrive del carabiniere su Facebook: “uno in meno e chiaramente con sguardo poco intelligente, non ne sentiremo la mancanza”.



Nel frattempo, mentre uno dei due ragazzi si avvale del diritto di non parlare, l’altro, incalzato dagli investigatori, alla fine cede e confessa di essere l’assassino. Parrebbe la svolta decisiva dell’agghiacciante vicenda ma non è così perché intanto, fin da venerdì pomeriggio, dapprima sulle chat dei carabinieri poi come una valanga che nulla può fermare, inizia a circolare la foto di Christian Gabriel Natale Hjorth legato e bendato, con accanto due carabinieri: per di più, sullo sfondo della stanza, si vedono le foto di Falcone e Borsellino e, sfuocate, quella di un’alta carica dell’Arma.



La reazione del comandante generale dei carabinieri Giovanni Nistri quando vede la foto è immediata: “Si tratta di un episodio inaccettabile – dichiara – e come tale deve essere trattato”. Dispone l’immediata inchiesta interna per denunciare i responsabili alla magistratura e sottoporli a procedimento disciplinare. L’atto, viene ripetuto più volte dalle massime autorità dei carabinieri, è assolutamente inaccettabile. Non è gravissimo solo per chi lo ha commesso e che, già individuato, verrà sottoposto alla giuste sanzioni disciplinari: è un gesto, quello della bendatura e della legatura, gravissimo in se stesso per come lede la dignità della persona e anche perché rischia di compromettere l’andamento dell’intera indagine.



Come c’era da aspettarsi, infatti, l’avvocato Francesco Codini, il difensore di Finnegan Elder Lee, cioè del presunto omicida, chiedendo che si faccia chiarezza, dichiara: “Quella foto mi ha fatto davvero un brutto effetto. Oggi abbiamo provato ad andare in carcere per parlare con il mio assistito ma non è stato possibile: voglio capire cosa sia successo e se anche lui è stato bendato e legato”.

Per questo motivo, il procuratore generale di Roma Giovanni Salvi diffonde immediatamente una nota in cui spiega che “ai fini dell’accertamento delle responsabilità disciplinari derivanti dall’uso di mezzi di costrizione su persona in stato di custodia e dalla diffusione di una fotografia della persona in manette, la procura generale ha avviato indagini disciplinari. Le informazioni fornite dalla Procura della Repubblica di Roma circa le modalità con le quali è stato condotto l’interrogatorio consentono di escludere ogni forma di costrizione in quella sede”. E poi: “Gli indagati sono stati presentati all’interrogatorio liberi nella persona, senza bende o manette; all’interrogatorio è stato presente un difensore; l’interrogatorio è stato condotto da due magistrati, è stato registrato e ne è stato redatto verbale integrale; gli indagati sono stati avvertiti dei loro diritti”.

Precisazioni necessarie e doverose, perché i magistrati sono consapevoli che una procedura come quella evidenziata dalla foto potrebbe essere utilizzata dalla difesa per invalidare gli atti del processo. Se una persona confessa perché è stata anche solo minacciata – non c’è bisogno di arrivare all’uso della violenza – la confessione rischia di essere nulla. Se ci sono anche solamente maltrattamenti una confessione non vale: e una foto così offre in tal senso argomenti solidissimi alla difesa.

Non dimentichiamo che Elder Finnegan Lee e Gabriel Christian Natale Hjorth non sono nord africani o magrebini. Sono cittadini statunitensi. Già ieri pomeriggio Huffington Post paragonava Elder Lee ad Amanda Knox, l’americana prima condannata e poi assolta per Meredith Kercher. Il Dipartimento di Stato americano ha già dichiarato che gli Stati Uniti offriranno ai due californiani l’assistenza consolare appropriata e ribadiscono di essere pronti ad assistere i cittadini incarcerati e le loro famiglie. Ce lo ricordiamo cosa accadde con la tragedia del Cermis, quando un aereo militare statunitense, volando sotto la quota concessa, tranciò il cavo della funivia causando la morte di 20 persone a Cavalese, in Val di Fiemme? I piloti vennero processati negli Stati Uniti e assolti dall’accusa di omicidio.

Cosa accadrà ora nel caso dell’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, nessuno lo sa ma intanto una cosa è certa: che non si parla più di lui e della sua morte, ma di come si comportano i carabinieri, se torturano o meno e se siamo di fronte ad un altro caso Cucchi. Quando impareremo che le istituzioni non si servono con il clamore ma con il lavoro oscuro che viene conosciuto solo dai frutti?