Una suora inginocchiata di fronte ai militari nel pieno della repressione contro i giovani manifestanti: lo scatto divenuto virale in queste ore arriva dal Myanmar e vede la religiosa suor Ann Nu Thawng tentare di “opporsi” in tutta la sua umile figura all’avanzata dei poliziotti, intenti a sparare sui giovani manifestanti che da giorni affollano le piazze dell’ex Birmania protestando contro il golpe militare del 1 febbraio scorso. Un’immagine che ha fatto sì il giro del mondo ma che non è balzata all’onore delle prime pagine di alcun quotidiano internazionale che “conta”: come se una suora e non altri soggetti certamente più “mediatici” possano rappresentare più o meno “adeguatamente” la battaglia per la libertà che combattono.
A postarla è stato un altro protagonista silenzioso – nel senso di non considerato – come il Cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon: quella “sorella” rappresenta tutto il tentativo pacifico del cristianesimo di chiedere lo stop immediato alle repressioni del nuovo Governo, «Oggi, la rivolta è stata grave a livello nazionale, la polizia sta arrestando, picchiando e persino sparando alle persone. In lacrime, suor Ann Nu Thawng implora e ferma la polizia affinché smetta di arrestare i manifestanti».
LA DITTATURA E LA LIBERTÀ
Cosa può fare una suora in ginocchio contro il potere dei militari e della dittatura? Niente, o forse tutto come spiega il direttore di “Gloria News Journal” Joseph Kung Za Hmung, il primo giornale cattolico in Myanmar: «L’azione della suora e la risposta della polizia che, al vedere la supplica della religiosa, si è fermata, hanno sorpreso molti di noi», spiega il giornalista a Fides, ribadendo come il “modello” della suora può suonare da appello agli altri membri della Chiesa birmana e internazionale «vescovi e sacerdoti sono chiamati a uscire dalle loro zone di comfort e a prendere esempio dal suo coraggio. Più di 100 manifestanti hanno potuto trovare riparo nel suo convento. Li ha salvati dal pestaggio brutale e dall’arresto della polizia».
Eppure non sono intervenute star dello sport o dello star system in difesa di quel popolo, non ci sono state firme ‘liberal’ in prima pagina in questi giorni come avvenuto in altre repressioni anche recenti: l’orrore per la dittatura o lo è sempre oppure lo si copre, non si può ipocritamente “condannare” alcuni soprusi e tacerne altri. Suor Ann invece ribalta il paradigma e si inginocchia, come a dire «in nome di Dio, fermatevi. Sparare su dei giovani non può mai essere la risposta. Mai». Le folle continuano a chiedere la liberazione di Aung San Suu Kyi, già premio Nobel per la pace e leader della Lega per la democrazia, e non sono 23 tremendi omicidi in piazza in questi giorni a placare la richiesta di libertà: «La Chiesa si sta facendo sentire pur essendo una minoranza piccolissima», spiega il direttore di Asia News Padre Bernardo Cervelliera a InTerris, «La visita di Francesco – nel 2017, ndr – riuscì ad unire le diverse componenti cristiane e anche altre minoranze che si ritrovarono insieme per la prima volta. Questa vicinanza durante le giornate del viaggio è stata una novità feconda in un Paese difficile da governare composto da oltre cento etnie e dove i militari hanno sempre applicato la politica del dividi et impera». È infine il cardinal Bo ad esprimere forse meglio di tutti quella foto della suora che per fortuna sta divenendo sempre più virale: «Non ci può essere davvero pace senza giustizia. Non ci può essere giustizia senza verità. In assenza di verità sorgono violenza, ingiustizia, menzogna, ipocrisia, oscurità e malvagità. Solo la verità può renderci liberi».