L’amore tra Domenico Modugno e la moglie Franca Gandolfi
Quella tra Domenico Modugno e Franca Gandolfi è stata una grande storia d’amore che la donna porta con se attraverso i ricordi e le immagini dei momenti vissuti. A raccontarlo è stata lei stessa nel corso di un’intervista rilasciata ai microfoni di Vanity Fair a cui ha spiegato di mantenere vivo il ricordo del marito attraverso le immagini di “lunghe nuotate: era un grandissimo nuotatore, ma non adorava andare in barca perché soffriva il mal di mare. Passava le giornate nel suo studio dalle ampie vetrate con sotto il mare: era come se stesse in spiaggia”.
Insieme hanno costruito una famiglia e affrontato non solo i successi, ma anche i problemi di salute che l’artista ha dovuto affrontare nel corso degli anni. Ripensando ai momenti più divertenti vissuti con lei, a Vanity Fair, Franca Gandolfi ha detto: “Al tempo non c’erano i press agent, così Domenico Modugno pensava che fosse giusto costruirsi un background alterativo per fare colpo in America. Diceva che era il figlio di un capo-zingaro, mostrava una camicia rossa che diceva essere di suo nonno quando invece era di un nostro amico del Centro Sperimentale, e gli americani ci credevano. Era press agent di sé stesso, diceva: ”In America non sono nessuno, ma così divento interessante”. Ha detto tante balle, ma non hanno mai fatto male a nessuno”.
Marco, Massimo, Marcello e Fabio: i figli di Domenico Modugno
Sposati dal 1955, Franca Gandolfi e Domenico Modugno hanno avuto il primo figlio, Marco, nel 1958. Nel 1966, invece, nacquero i gemelli Massimo e Marcello. Durante gli anni del matrimonio, Modugno ebbe una relazione clandestina con la ballerina Maurizia Calì, all’epoca sposata con l’ingegnere Romano Camilli, e nel 1962 ebbe da lei il secondo figlio Fabio Camilli che è stato riconosciuto in via definitiva dopo 18 anni di battaglie legali.
Di Domenico Modugno come padre ha parlato il figlio Massimo in un’intervista rilasciata ai microfoni di Mara Venier nel salotto di Domenica In. “Papà era tutto per me. Era come una coperta calda, sempre. Io lo chiamavo “Papù” e non papà. Mio padre si era inventato un linguaggio con le mani, i piedi e i gesti. E’ stato un papà assente? No, faceva quello che poteva. Una volta era appena tornato e gli chiesi quando dovesse partire. Quando è morto è stato il momento più brutto della mia vita”, le sue parole.