Franca Leosini in attesa di ripartire con i due speciali di Storie Maledette, si è confidata tra le pagine del Corriere della Sera, per una intervista a tutto tondo, nel suo solito stile. Il 30 giugno e il 2 luglio porta su Rai3 in prima serata uno speciale sul caso di Marco Vannini per cui Antonio Ciontoli è stato condannato (in Appello) a 5 anni di carcere. Il lessico alto e ricercato, da sempre la contraddistingue e lei, anche generosa, lo mette a disposizione del suo pubblico. Questione di talento oppure di studio? “Il talento è come l’erba: va coltivata e curata. Ho delle doti naturali che coltivo con la lettura: sono una lettrice onnivora, tranne che di gialli”. Da 25 anni, racconta storie di cronaca nera e, per forza di cose, pare avere una forte attrazione per la mente umana, talvolta anche fin troppo contorta: “Mi piace indagare il percorso psicologico, umano, ambientale che porta una persona a commettere un gesto da cui fino a quel momento era lontana. Persone di normale quotidianità che poi cadono nel vuoto e nell’orrore di un gesto che non gli somiglia”. Storie di ordinaria follia che spesso arrivano dalla provincia e non dalle grandi città: “La grande storia del nostro Paese è nella provincia, non nelle città: si potrebbe fare una lettura del nostro Paese attraverso i delitti”.

Franca Leosini si racconta prima di Storie Maledette

Quando Franca Leosini racconta un fatto di cronaca nera, attraverso Storie Maledette, spesso sembra fredda con chi l’ha commesso. In funzione di questo, talvolta non risparmia neanche domande “fastidiose”, come ci riesce? La conduttrice svela di essere un chirurgo alle prese con una operazione: “Rispetto le persone che ho di fronte perché scendono con me nell’inferno del loro passato, negli abissi dei loro ricordi, ma non risparmio loro nulla. Cerco di capire cosa ha cambiato la traiettoria della loro vita, ma le storie che racconto le vivo e mi attraversano: dopo la puntata con Mary Patrizio che aveva ucciso il figlioletto di 5 mesi affogandolo nella vasca da bagno ho pianto per un quarto d’ora”, svela. Successivamente, rivela le tre regole del suo lavoro: “Non anticipo mai le domande. Devo incontrare una volta i condannati per studiarne la prossemica e il passato, ma non prendo appunti davanti a loro. Valuto il tasso di sincerità, non strumentalizzo nessuno ma non mi faccio strumentalizzare: se ho la sensazione che succeda, lascio perdere”.