Francesca Caputo è stata uccisa e bruciata in fonderia dal marito: è questa la versione di cui sono convinti i familiari della mamma scomparsa da Voghera, in provincia di Pavia, la notte del 12 dicembre del 1996. “Quel giorno lui avrebbe dovuto iniziare il turno alle 4.00, ma timbrò il cartellino mezz’ora prima. Era una cosa che non accadeva mai, anche a detta del datore di lavoro. È rimasto solo per due ore prima che arrivassero i primi colleghi, che hanno trovato tutte le porte spalancate ed hanno sentito molta puzza”, ha raccontato il nipote Carmelo, che era dipendente della stessa azienda, a Quarto Grado.
Anche i colleghi stessi hanno confermato in questi anni che c’era qualcosa di strano nel comportamento dell’uomo quella mattina. “Era dicembre, aveva anche nevicato. Le porte però era tutte aperte. C’era odore di carne e peli bruciati. Aveva anche pulito il quadro del forno”, ha raccontato Rocco. Il titolare della fonderia chiamò i Carabinieri, ma il marito di Francesca Caputo disse che aveva gettato delle scorie di alluminio nel forno e che si era sviluppata una fiammata tanto che aveva usato l’estintore per spegnerla. La fabbrica dopo 11 giorni venne messa sotto sequestro.
Francesca Caputo uccisa da marito e bruciata in fonderia? La conferma nel Dna
Dalle indagini degli inquirenti nella fonderia in cui lavorava il marito di Francesca Caputo è stato evidenziato, in uno dei forni, un Dna femminile: quella potrebbe essere stata, secondo i familiari della mamma scomparsa, la conferma del fatto che era stata uccisa e bruciata. Le tecniche dell’epoca, tuttavia, non permisero di associare il campione rinvenuto a quello della donna. Il caso fu dunque archiviato. I legali della famiglia nei mesi scorsi hanno chiesto un ulteriore tentativo con le nuove tecniche, ma la Procura di Prato ha rivelato loro che le tracce sono state distrutte nel 2016.
La verità sul caso dunque probabilmente non verrà mai alla luce. L’uomo intanto continua a sostenere che la donna si sia allontanata volontariamente. “Non avrebbe mai abbandonato i suoi figli. In quella casa non era trattata bene, non era una moglie ma una schiava. Litigavano per tutto, molto spesso l’ho trovata con dei segni al collo. Lei non lo lasciava perché la ricattava dicendole che poteva andar via ma i bambini sarebbero rimasti con lui”, ha raccontato la sorella Ada a Quarto Grado.