La fede è una scelta di vita per Francesca Fialdini, infatti ha ispirato ogni sua scelta, anche lavorativa. «Cerco di accettare progetti televisivi che abbiano a che fare con me, con i miei valori», racconta alla rivista Credere. La conduttrice Rai è consapevole che la tv non può arrogarsi il compito di educare i telespettatori, d’altra parte non si può negare «che plasmi l’immaginario collettivo, promuovendo la cultura e la conoscenza». Tutto è cambiato 23 anni fa, quando decise di trascorrere il Capodanno ad Assisi. Aveva 21 anni e studiava da fuori sede a Roma. «Ero lontana dalle mie amicizie storiche e stavo attraversando un periodo, diciamo così, disimpegnato. Per Capodanno avevo in programma di andare in discoteca finché un mio vecchio amico non mi telefona proponendomi di passarlo con lui ad Assisi, insieme ai Francescani».



Rifiutò subito, ma l’amico insistette così tanto da cambiare idea. «Andai e lì, con i Francescani ad Assisi, provai una felicità nuova, diversa, totalizzante: ebbi la netta sensazione di trovarmi davanti a delle risposte che, per la prima volta, non lasciavano spazio a dubbi», racconta Francesca Fialdini. Si rese conto di avere di fronte qualcosa di più di una proposta religiosa. «Quell’esperienza ribaltò le mie priorità, mettendo al primo posto le persone anziché le ambizioni professionali».



L’APERTURA DELLA CHIESA E L’ERRORE DI FONDO

Francesca Fialdini cominciò lavorando a Radio Vaticana, poi come inviata per A sua immagine. «Anni di grande formazione, umana e professionale», nei quali la conduttrice ha incontrato colleghi che poi sono diventati amici importanti. Nell’intervista alla rivista Credere ricorda il «clima di grande apertura» che si respirava a Radio Vaticana. «Per lavorarci non dovevi avere alcun “patentino”, tant’è vero che collaboravo con le persone più disparate, di destra, sinistra, credenti e non». Era importante, invece, avere sensibilità. Inoltre, nelle riunioni si discuteva di tutto e si cercava un’omogeneità di visione, approccio difficile da trovare altrove. «Inoltre mi piaceva molto il generale senso di rispetto: la Chiesa era, oggi come allora, piena di contraddizioni e se ne parlava, ci si confrontava, ma sempre con un grande rispetto verso questa realtà millenaria, che è guidata dallo Spirito Santo». Le cose poi sono cambiate: «Oggi mi sembra che, così come nei riguardi di qualsiasi istituzione, questo senso di rispetto sia cambiato». Francesca Fialdini affronta poi il tema del rischio di uno scisma della Chiesa cattolica dopo la morte di papa Benedetto XVI. «Tutto nasce da un errore di fondo, ossia dal credere che ci fossero due Papi». In realtà, aveva dato il suo totale sostegno a Papa Francesco.



LE RIFLESSIONI DI FRANCESCA FIALDINI SULLA CHIESA

La polarizzazione della Chiesa per la presenza di due papi è stato per Francesca Fialdini «un esercizio di potere che nulla ha a che fare con il messaggio cristiano». Il dibattito interno alla Chiesa è doveroso e legittimo, «ma pensare a uno scisma equivale ad andare contro il bene della Chiesa», sottolinea la conduttrice a Credere. Riguardo invece l’eredità spirituale di Ratzinger, Fialdini cita la ricerca della verità, perché si confrontava con la cultura dominante per costruire ponti. Ma sottolinea anche l’attenzione per il prossimo. A gennaio c’è stato l’incontro con papa Francesco, non il primo per lei. «Tutte le volte che lo incontro sono sempre impacciatissima!», rivela la conduttrice, spiegando che però gli ha stretto la mano con più forza del solito per far sentire a Bergoglio, in quei giorni di turbamento, il suo sostegno. «Probabilmente lui non si sarà accorto della stretta differente ma per me era importante fare quel piccolo gesto. In questa fase, sostenere Bergoglio significa sostenere la Storia che rappresenta e, per chi crede, sostenere il Vicario di Cristo in Terra». Di papa Francesco ammira la forza di parlare con i non credenti, con chi non si sente compreso dalla Chiesa, chi viene da un mondo ideologizzato dove si nutrono sospetti nei confronti del mondo ecclesiale. Infine, Francesca Fialdini conclude con una riflessione sull’esistenza del Male, chiarendo che il vero problema per lei è la prevalenza di un approccio istintivo, «motivo per cui molti giovani stanno male e soffrono di ansia, depressione… Personalmente sono molto scettica sullo slancio che le nuove tecnologie hanno dato alle nostre vite e alla presunta libertà con cui ci sentiamo protagonisti delle nostre scelte. Viviamo come zombie che procedono senza spirito critico».