Tra le persone che hanno contribuito alla riapertura dell’inchiesta su Unabomber c’è Francesca Girardi, che aveva solo 9 anni quando raccolse un evidenziatore sul greto del fiume Piave, nel Trevigiano, che le esplose, portandole via un occhio e una mano. Era il 25 aprile 2003 ed era in gita con la sua famiglia. Lei è una delle vittime di Unabomber, criminale ancora sconosciuto. Alla soglia dei 30 anni sta abbastanza bene ed è soddisfatta della riapertura delle indagini, dopo anni di silenzio. «Dimenticare una storia così è impossibile, perché c’è ancora qualcuno là fuori che ha fatto quello che ha fatto. Se Unabomber è ancora vivo, può essere un pericolo per chiunque», racconta a Libero.
Francesca Girardi non sa se Unabomber possa colpire ancora, anche perché lo avrebbe già fatto, ma le opzioni sono tre per lei: «O è venuto a mancare, o è anziano e non ha più possibilità di creare ordigni così precisi, oppure ha placato le sue turbe psichiche». Ad un certo punto ha pensato che non ci fosse più nulla da fare per identificarlo. «Mi dicevo: se non sono riusciti a beccarlo quando ci sono stati gli attentati, figuriamoci ora. Poi c’è stato il podcast di Marco Maisano e il documentario della Rai con Valentina Magrin, e lì mi si è riaperta una speranza». Quindi, si è convinta a raccontare la sua storia.
FRANCESCA GIRARDI, GLI INTERVENTI E LA NUOVA VITA DOPO UNABOMBER
Francesca Girardi non sa come sarebbe stata la sua vita senza Unabomber. Del resto, aveva solo 9 anni quando è cambiata. «È stata diversa per molti mesi tra ricoveri e interventi, poi è tornata la vita di prima». La giovane ha subito almeno una decina di interventi tra mano destra e occhio destro. «La vista su quell’occhio l’ho persa completamente, non c’era niente da fare. La mano… Mi sono abituata». A Libero spiega di aver imparato a scrivere con la sinistra: «Ora sono autonoma quasi in tutto, vado in giro in bici, tengo pulita la casa». Francesca Girardi non prova rabbia, inoltre non riesce a odiare qualcuno che non sa chi sia, ma è arrabbiata per quello che è successo.
«Io sono sicura sia stato fatto il possibile, mi fa arrabbiare che sia successo nel 2003 e per vent’anni non sia cambiato niente. Non sapere chi sia questa persona, magari è viva, mi segue sui social e io non lo so. Non ho questo privilegio. È frustrante. Però rabbia no, la rabbia è un sentimento velenoso». Francesca Girardi ha anche provato a immaginare cosa direbbe se incontrasse Unabomber, ma gli chiederebbe il motivo dei suoi crimini. «Gli chiederei perché, perché proprio io, se per lui ero speciale in qualche modo, se mi abbia scelta». La sua ipotesi è che sia stata scelta dal criminale: «Sì, io ho il ricordo di questa persona. L’evidenziatore era stato posizionato lì per noi».
“UNABOMBER? QUEL GHIGNO NEL FISSARMI…”
Francesca Girardi pensa di aver visto Unabomber: «Alto, per quanto fossi una bambina, ma era alto. Pochi capelli, brizzolati, occhiali da sole e con quelle lenti trasparenti che vedevo gli occhi…». La giovane ricorda gli occhi puntati addosso e la camicia floreale, «e questo ghigno nel fissarmi». Ora però non saprebbe riconoscerlo. «Sono passati anni, non vorrei avere la responsabilità di identificare una persona che magari non è quella che penso sia», precisa nell’intervista rilasciata a Libero. Per quanto riguarda Elvo Zornitta, ingegnere indagato per anni, lo definisce «un uomo particolare», ma «se è innocente è un’altra delle vittime di Unabomber».
A proposito di quel 25 aprile, la famiglia aveva organizzato una grigliata. «Stavamo giocando intorno a un pilastro, sotto un ponte. Io ero con un altro bambino. Ci siamo un attimo allontanati da quel punto e quando siamo tornati l’evidenziatore era lì. Per quello ti dico che lui l’ha messo a posta. Noi abbiamo fatto una gara per raccoglierlo». E le è esploso tra le mani. Infine, riguardo la riapertura delle indagini, l’auspicio di Francesca Girardi è che possa saltare fuori qualcosa, ma precisa di non aver mai perdonato Unabomber: «Non posso perdonare chi non mi ha chiesto scusa. Ho perdonato la vita per quello che mi è successo».